ILLUSIONISMI
Settemila anni di teatro, scienza e religione
di Raffaele De Ritis

Edizioni Stampa Alternativa
Formato 15x21 cm.
Pagine 236, con 150 illustrazioni
ISBN 88-7226-821-4
prezzo di copertina 18 €

Levitazioni, sparizioni, lettura del pensiero, inganni con le carte sono discipline di uno spettacolo che da millenni, in tutte le culture, influenza gente comune, artisti, pittori, scrittori e, in tempi recenti, psicologi, sociologi e comunicatori. Questo libro tratta dello sviluppo sociale del teatro di illusionismo dalle origini ai nostri giorni, tentando il lettore con un viaggio meraviglioso, attraverso un testo basato su ricerche inedite ed immagini spesso rare: il passaggio da religione a spettacolo nelle società primitive; gli scambi tra Oriente e Occidente; il carattere rituale dell’illusionismo orientale (per la prima volta si analizza il fenomeno in Cina, India, Giappone, Russia); la condizione sociale dell’illusionista tra Medioevo e Rinascimento e le sue forme di legittimazione; il rapporto tra scienza e teatro magico nell’illuminismo; le origini dei principali effetti; il periodo tra il 1850 e il 1920 in cui si sono fissate in modo definitivo tutte le tecniche e le invenzioni di base dell’illusionismo di oggi; poi le dinamiche del varietà del primo Novecento; quelle dello sviluppo di numeri di night-club o riviste itineranti, fino al rapporto con il teatro di ricerca e l’avvento della televisione.

L’AUTORE
Raffaele De Ritis, laureato in Storia del Cinema, è regista e storico di arti circensi tra i più noti internazionalmente, definito dal New York Times “uno dei leader della moderna creazione circense”. Già assistente di Arturo Brachetti e di Jerome Savary in rivista, prosa e lirica, è consulente di Raitre per circo e magia, ha diretto il “Monte Carlo Magic Stars” al teatro Princesse Grace di Monaco. Ha diretto spettacoli in Russia col Circo Stabile di Mosca, in Canada per il Cirque du Soleil, aHollywood per il circo Barnum e a Broadway per il Big Apple Circus, e in Europa è tra gli autori di “Florilegio” con i fratelli Togni. In Italia come regista ha collaborato con Raul Cremona, Aldo Giovanni e Giacomo, Silvan e con l’Accademia del Circo. Nel 2001 ha scritto e diretto la pièce “Houdini” per la Biennale di Venezia. Dal 1996 al 2002 è stato membro della Commissione Consultiva per le Arti Circensi presso il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.

PRESENTAZIONE
Il sottogenere dello spettacolo basato sulla manipolazione di oggetti comprende non solo la giocoleria ma anche l’illusionismo teatrale, un campo questo sterminato quanto quello dell’arte circense. Nell’illusionismo la manipolazione non è solo fisica ma anche psicologica: ciò attraverso i millenni ha reso lo spettacolo magico indissolubile  da due aree tra loro spesso rivali: la religione e la scienza. Il miracolo teatrale nasce infatti da quello mistico, per poi accompagnarsi con quelli di chimica o meccanica. E’ anche per la sua capacità di manipolare la mente e l’attenzione dello spettatore, per il valore ancestrale del mistero (che ne è la ragion d’essere) che la magia è l’hobby artistico più diffuso al mondo dopo la musica, ancor più della giocoleria: la produzione industriale di accessori e manualistica è sterminata in tutto il mondo.

La magia come spettacolo ha motivazioni culturali profonde e affascinanti, che mai sono state realmente studiate. Dove e quando sono nati i primi giochi di prestigio? E perché? Come si sono staccati dal misticismo religioso per diventare spettacolo? E come la società li ha legittimati? La cosa più affascinante è forse il vedere la compresenza delle stesse tecniche nelle civiltà antiche dell’Estremo Oriente come in quelle Mediterranee. Per poi accorgersi, nel corso dei secoli, che se noi abbiamo sminuito il senso di mistero, questo oggi rimane tra gli spettatori del teatro magico di strada indiano o di certi paesi africani. Lo studio delle origini della magia teatrale, fino all’Età Moderna è affascinante: significa capire anche l’emergere e l’invenzione del “teatro di strada” tra Medioevo e Rinascimento, in cui lo spettacolo si lega alla vendita di prodotti e l’istituzione, civile o ecclesiastica, brucia sul rogo i saltimbanchi e giocolieri (così vengono chiamati i maghi per secoli) per i loro “miracoli” mentre nelle stanze dei nobili l’invenzione della stampa permette la diffusione di trattati per divertirsi con gli stessi giochi (bussolotti, carte, monete) con cui i maghi di strada venivano condannati pr stregoneria. Nel corso dei secoli si incontrano personaggi sempre più stravaganti: con l’invenzione delle grandi fiere europee i maghi si affiancano ad altri mostratori di fenomeni: quelli della meccanica, che arricchiscono gli spettacoli di diorami, automi e lanterne magiche, come nel caso dell’inglese Fawkes nel ‘600; oppure come il tedesco Katterfelto si avventurano in dimostrazioni chimiche o elettrostatiche, mostrando alla stessa stregua, in un unico spettacolo, microbi al microscopio e inganni con i dadi. Le menomazioni fisiche non ostacolano l’ascesa delle prime vedettes: Matthew Buchinger, l’”ometto di Norimberga” , protagonista dei “gabinetti di curiosità” settecenteschi, era nato senza braccia né gambe ma risultava un campione nella magia dei bussolotti, nel tiro al fucile e nel bowling, trovando il tempo di fare quattordici figli.  In breve i maghi hanno accesso alla vita teatrale leggittima, prima affittando stanze londinesi e parigine, poi sale da concerto e infine teatri lirici. Nel primo Ottocento, la megalomania di decine di “più grande mago del mondo” ha il fasto del melodramma come modello di concorrenza e i primi manifesti illustrati come forma di propaganda. Per arrivare alla fine del secolo in cui religione e scienza vengono richiamati da due grandi fenomeni: la diffusione dello spiritsmo e quella dell’ottica. Specchi e fantasmi invadono i palcoscenici dove presto il buio, la scenotecnica e la luce elettrica contribuiranno all’invenzione della figura novecentesca del prestigiatore. E’ il tempo dei programmi di varietà, dove nei primi decenni del Novecento ogni mago si specializza in un numero folle o stravagante: dalla manipolazione di monete o sigarette alla fuga da bauli e manette; dalla lettura di buste sigillate alla levitazione di cose e oggetti nel vuoto, fino a giungere, in piena esplosione dell’horror, alla donna dagliata in due ed altre cruente invenzioni. I piroscafi e le ferrovie permettono ad alcuni maghi di girare il mondo non con numeri ma con spettacoli completi: con tonnellate di bauli, animali al seguito, tecnici e ballerine, raggiungendo con le loro meraviglie soprattutto i Paesi meno civilizzati (Asia, Africa, Sudamerica) dove, se non c’era un teatro, se ne costruiva uno di bambù in mezzo alla foresta per ospitare cinquemila indigeni. Erano carriere stroncate da disastri inattesi, come l’esplosione di una mina in un porto che poteva distruggere una nave con tutte le attrezzature del mago. Il pericolo è sempre stato un elemento di fascino per l’illusionismo: negli anni ’10 il mago Chung Ling Soo muore sbagliando il numero del proiettile preso con la bocca; molti degli imitatori di Houdini periscono cadendo da un grattacielo o soffocando in un baule sott’acqua. Un’altra però è l’insidia maggiore: il cinema, che in pochi decenni fa in modo che, alla metà del Novecento, l’illusionismo scompare per sempre dalla vita teatrale. Il mago potrà prosperare con l’invenzione del night-club, in cui nascono i sofisticati numeri con foulards e colombe o la tradizione parlata del “cabaret”, in attesa che riviste sempre più elaborate diano vita ad un’altra mecca: Las Vegas, simboleggiata fino ad oggi dal duo Siegfried & Roy con le loro belve feroci. E’ il momento in cui l’illusionismo trova sfogo in un altro fenomeno, la televisione, che spesso banalizza il genere. Per fortuna che negli anni ’70 una sorta di avanguardia, soprattutto in America, riscopre la magia in un movimento che rinnova la giocoleria e il teatro di strada in genere. Maghi/performer  come Jeff Sheridan o Ricky Jay emergono da un fermento che lega artisti come Philippe Petit, Michael Moschen o Penn Jillette, il quale con il partner Teller porta giocoleria ed illusionismo a off-Broadway o in un tempio della cultura popolare come il Saturday Night Live, a fianco di John Belushi o Robin Williams in una trasmissione ben diversa da quelle patinate di David Copperfield, il quale comunque sorprende per la capacità di innovazione tecnica del repertorio. Nel nostro millennio, il mago/rapper/performer David Blaine si fa rinchiudere sottoterra o per aria per un tempo indeterminato, recuperando quell’atmosfera mistica che forse animava la magia delle origini. Essa oggi è forse non più sincera di quella di un video musicale ma di sicuro, in un’epoca in cui niente sembra più produrre meraviglia, riesce a generare quel sentimento ancestrale per cui l’illusionismo teatrale continua ad avere posto nella società umana: il mistero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa sezione è sostenuta da

Meeting riviste europee di arti circensi