Il Circo: arte del Rischio e del Coraggio


Il rischio e l'indecifrabile autenticità del gesto circense”...erano fatti che non si potevano spiegare con la rozzezza concettuale che contiene la parola interdisciplinarità. (…) come si poteva uscire dal quel pantano, da quel conformismo estetico, di poetiche di ideologie? si poteva fare soltanto andando a scoprire da dove venivamo.” Alfredo Giuliani (1)  L'attuale fenomeno circo contemporaneo, ovviamente, trae le sue origini nella pista, che per vocazione ospita e mescola arti varie, e precisamente nella sua precisa deviazione avente corso nell'ultimo trentennio che potrebbe essere più correttamente definita circo “alternativo“ (2)Un comune denominatore delle proposte e delle sperimentazioni di questa felice divagazione di genere sembra essere la contaminazione delle arti e delle tecniche tra loro, cosa che include l'ansioso, e annoso, rapporto con i nuovi linguaggi tecnologici, con cui tutti gli artisti contemporanei devono prima o poi confrontarsi e posizionare il proprio lavoro/poetica a riguardo. Il circo oggi, imperterrito, continua la sua missione di concentratore d'arti e nuove forme che sapientemente miscela alle vecchie e per farlo scoda e si dibatte continuando a stupirci. E' facile affermare che nella sua 'demarche' storica (dalle sue giovani origini ai nostri giorni) la commistione di generi non è cosa nuova; la pluridisciplinarietà nel circo tradizionale non rappresenta nessunissima innovazione. Ma, se dall'origine la vocazione del circo è quella di radunare su un'unica pista un programma sequenziale d’artisti e discipline diverse che hanno tra loro non altro legame che la spettacolarità della tecnica, oggi sembra diversa la prospettiva dell'insieme e questo raggruppamento diventa il concetto base della creazione artistica e non una sua derivazione.

Mischiare tutto. Questa è comunque la regola d'oro del circo di sempre: tecniche quindi abilità, persone quindi caratteri. Questo fare, insito nella genetica del genere, è insuperabile ma, per fortuna, continuamente rinnovabile. È quel 'tutti fanno tutto' che da necessità collaterale della difficile contingenza dello spettacolo viaggiante oggi s'erge ad anima propulsiva dell'odierno movimento teatral-circense. Un carattere che trasla di ruolo e che, non cadendo perso, germoglia e frutta. Al di là delle specializzazioni tecniche e della somma di sapere “fuori pista” che sempre il circo trasporta, comincia a farsi posto una polivalenza esuberante che porta allo studio di più tecniche anche diversissime tra loro e che spinge al limite le possibilità di apprendimento e di esecuzione umane. L'acrobata danza, il domatore costruisce e domina la meccanica, il clown fa ridere e vuole farci piangere dipingendo, il pianista fa il doppio salto mortale mentre il soprano canta l'Aida in sospensione capillare. Le figure classiche tutte si fondono in una nuova eccentrica dimensione dell'attore, quello di circo. Quest'ultimo si è formato in ambienti “extra-familiari”. Le sue conoscenze tecniche ed artistiche non derivano dalla trasmissione diretta e familiare, la sua potenzialità artistica ed espressiva non è confinata nella tradizione, né soffre del manierismo teatrale o del più rigido circense. Le sue tecniche da soggetto dell’esibizione divengono strumenti del suo linguaggio.

E se Paul Bouissac, nel suo monumentale “Circo e cultura” (3), tra il 1970 e ‘75 doveva analizzare semioticamente il circo scomponendo tutte le sue parti e analizzandone la struttura ed idealizzando il significato della performances tradizionale per riuscire a leggere l’intero fenomeno circo come una vera e propria lingua, oggi nessuna forzatura letteraria gli sarebbe necessaria. Il circo contemporaneo è linguaggio comunicativo e non più rappresentativo.

 

Parte II

Ritorna, in punta di piedi, un concetto d'artista che aspira all'arte nel senso più ampio del termine, quasi rinascimentale, senza volere minimamente analizzare gli esiti e costatarne la qualità (i bari partecipano a tutti i giochi), l'artista tende nuovamente a radunare in se una molteplicità eclettica. Allora la musica, la meccanica, la pittura, le arti digitali, marziali, la recitazione sono ambiti a cui si rivolge l'interesse del famelico attore di circo. Che nel tentativo di rinnovare le incrostate tecniche del circo tradizionale deve dedicarsi alla danza quanto alle tecniche metallurgiche, alla scherma e alla letteratura russa.

Gigi Cristoforetti, direttore di alcune delle più prestigiose esperienze di danza e circo alternativo in Italia, a tal proposito, ci ha messo in guardia: “Il circo inseguendo a tutto campo la ricerca e la sperimentazione e dando troppa importanza a danza e teatro sulla scrittura, senza però avere le competenze di una ballerino o un attore, rischia di perdere l'autenticità del gesto circense.” (4) Accantono per mancanza di spazio l'idea di decriptare cosa sia o possa essere il gesto circense “autentico”; ammesso che ce ne sia uno o un tipo. Ma il succitato monito di Cristoforetti ha per oggetto un rischio, e quel rischio, a mio avviso, è la più grande rassicurazione. Direi una garanzia di circo; senza questo primordiale concetto il circo, semplicemente, non sarebbe.

Il rischio è cardine delle arti della pista. Attraverso esso unicamente il circo si esprime e in tutte le sue forme basculano le emozioni essendo esso stesso ‘portatore sano’ di una realtà incotrovertibile. E per rischio vorrei riferirmi non solo direttamente alla prodezza fisica (che troppo spesso rimanda all'abusata estetica retrò) ma a tutto quello che tale concetto può includere nei termini di creazione dell'espressione scenica: a mio avviso, se il rischio sarebbe dovuto rimanere solo quello fisico allora il circo avrebbe fatto bene a restare nella pista e nella sua folgorante estetica, lustrinata e performativa. Ma non è così.Il saper correre rischi è ancora La ragione del circo odierno; nello sprezzo del pericolo il concetto di rischio, come poetica, si sdoppia e include il suo risvolto: il coraggio. Quel coraggio che il circo trascina in scena con i suoi attori che si avventurano nei più disparati campi e lo trasforma in una spregiudicatezza che sui palchi dei teatri è spesso cosa fresca ed emozionante. Grazie a questo coraggio il circo diviene oggi capace di immergersi anche in tematiche importanti e contattare nel pubblico emozioni profonde, di allontanarsi dal ruolo leggiadro e scanzonato che la letteratura circense gli ha troppo semplicisticamente affibbiato e che negli ultimi quarant’anni il malato circo commercial-familiare ha somatizzato. Il gesto circense che rischia di perdersi è ritrovato: quella “spacconeria” a tutto campo, quell'osare che dalla tecnica passa alla scrittura e la intride di una verità che convince e disarma pubblico, teatranti e ballerini. Questo carattere di genere ha attratto l'occhio di prestigiose regie che hanno contribuito alla rivalutazione delle arti circensi, fino a qualche decennio fa considerate dal palcoscenico pure tecniche d'intrattenimento. Il circo contemporaneo, oggi, con la consapevolezza dei propri limiti e carico del rischio di calcare la scena, arriva nei palcoscenici o addirittura con i suoi tendoni al centro di autorevoli festival di teatro come quello di Avignon, tanto per dirne uno. Nella sua incubazione il circo ha accarezzato molti desideri e travolto molti generi, li ha messi sotto la sua tenda; la sfida è ancora aperta visto che si rivolge con sempre più successo alle nuove tecnologie. Il circo alternativo lascia volentieri ad attori, ai ballerini, cantanti lirici, a videomakers di eccellere nelle loro specialità. Perché al puro non è interessato, il suo sguardo è rivolto all'ibrido, alla maniera di comporre e ricomporre secondo i suoi codici. Il circo vuole e deve eccellere nel collage che è anima sua. La sua forza primitiva è l'ostentazione della realtà. E questa realtà si fa teatro potente. Nella sua Storia del Circo, De Ritis(5,) ci ricorda che il teatro tenta il buio e il segreto, gli artifici per narrare, mentre il primo circo si produce in una pista illuminata da un grande lampadario. Il circo non cela bramoso, espone fiero.

I suoi corpi segnati dalle cinghie, i muscoli scolpiti dalla tenacia, gli sguardi fusi coi riflessi, il sarcasmo tragico del clown ed altri mille tratti raccontano di per se infinite storie vere. Questo fa sì che il genere scivoli con la sua materia fisica su innumerevoli altri ambiti senza mai perdere la propria identità. Non si tratta dell'arte dell'insalata o dell'insalata delle arti ma di una vera e propria filosofia di composizione. Per questo il circo, e il suo concetto di rischio, può infiltrarsi agilmente nella scrittura di un testo o in un modo di comporre una melodia o meglio ancora in una frase di danza. E' il rischio di azzardare una nota fuori scala che crea un jazz primitivo, istintivo. 

Attingendo, esplorando tous azimuts dalla pittura, dalla letteratura, dalla cinematografia, dalle arti marziali, dal nuoto sincronizzato, dal salto di una rana e quanto altro si possa immaginare e mescolandoli in scena secondo una del tutto propria estetica della pluralità di discipline, il circo alternativo si fa carico della sua essenza polivalente.  Rude, forte, al contempo fragile e delicata, spudorata e pretenziosa, spesso sfacciata ma sempre insitamente poetica.  Un'anima che continuamente si reinterpreta in meccanismo caleidoscopico: questo miracolo frattale si deve alle preziose fondamenta su cui il circo poggia. Il circo non avrebbe mai potuto chiudersi nella parentesi delle famiglie-clan e nemmeno nello stereotipo popolare che spesso in televisione appare mortificato e sminuito, descritto unilateralmente nel suo universo kitsch, con testi per minorati letti sul gobbo da bionde analfabete che mortificano la sua secolare cultura. 

(In televisione il circo ha il sapore di una riesumazione archeologica).

Non poteva, altresì, il circo, rinchiudersi nei propri teli di giro o incastrarsi nell'epoca della pesante e arrugginita gabbia dell'esotismo. Il circo è una filosofia di spettacolo. Essa contempla una variegatissima gamma di forme: dalle arene del primo ottocento alle sperimentazioni teatrali di Wedekind e colleghi, dalle grandi pantomime russe alle forme contemporanee dei giorni nostri e mille declinazioni di cui non c'è bisogno elenco. Sempre che queste sue forme corrano rischi saranno ancora circo, dove queste forme tenderanno allo stabile, al riproducibile, al facile, al commerciale, tenderanno a scivolare nella forma con cui hanno tentato di mescolarsi con scarso successo diventandone misera parodia.

Il circo deve osare, vincere le paure proprie e altrui, facendosi carico della sua essenza ibrida e spingendo al limite ed oltre la qualità tecnica ed artistica delle sue nuove proposte.

Nella composizione di circo, più che in ogni altra, è la somma delle arti (tutte) che fa l'Arte.

1) Alfredo Giuliani, riferendosi al tema dei collages di pittura e parole nello sperimentale incontro tra pittura e letteratura degli anni '60.

2) La definizione circo “alternativo” ci viene in aiuto per descrivere in tutte le sue accezioni (cirque nouveau, actuel, contemporay, moderno, di creazione) e tutto quanto di alternativo si sia prodotto rispetto all'establishment di circo commercial-familiare impostosi nell'immaginario collettivo contemporaneo.

3) “Circo e cultura” Paul Bouissac, Sellerio Editore Palermo (1986) 

4) Citazione apparsa su Juggling Magazine.

5) Storia del Circo, dagli acrobati egizi al Cirque du Soleil di Raffele De Ritis, Bulzoni Editore (2008)

 

 

 

Luke Wilson - Riflessioni

(approfondimento dell'articolo su Luke Wilson, pubblicato a cura di Salvatore Frasca su Juggling Magazine n.57, dicembre 2012)




In Francia il dibattito culturale sul vecchio e nuovo circo ci ha preceduto di decenni (e rimanendo ancora vivo può avvalersi di una letteratura specifica di critica e saggistica con firme autorevoli). Nel resto d'Europa, il discorso é appena cominciato.
Non potendo contare sul fragile e decadente sistema artistico ufficiale, troppo interessato alla sopravvivenza del suo establishment piuttosto che alla scoperta e sostegno di nuove forme (considerate concorrenza piuttosto che slancio vitale), l'analisi e l'approfondimento dello sviluppo del profilo artistico riguardante il fenomeno circo-teatro non può che partire dalle riflessioni degli singoli artisti.
Molte delle riflessioni di Luke Wilson,  per fortuna, sono raccolte nel blog circusgeeks.co.uk in cui generosamente le pubblicava e dal quale ho rapidamente tradotto alcuni suoi articoli che ho riportato di seguito su gentile concessione di Aron. Mi scuso nel caso la traduzione risultasse non troppo accurata, spero risulti comunque utile per conoscere il pensiero analitico di Luke.
Salvatore Frasca




Sulla ricerca del metodo
Luke Wilson

Il seguente breve, un pó slegato, “saggio” è un estratto dei miei appunti per una lettura che presentai al Duo-Acrobatic Symposium a Stoccolma un paio di anni fa. Fui sorpreso nel rendermi conto che la maggior parte di quello che trattavo poteva essere applicato in quel campo (dell´acrobatica, ndt) cosí come lo era stato nella mia esperienza con la giocoleria. E certamente molti nuovi e specifici concetti per il duo acrobatico e altre idee fiorirono e furono discusse. Un ringraziamento speciale va a Celso e Francesca che organizzavano l´evento: il mondo del circo ha bisogno di piú "geeks" come loro! Grazie anche a J.Gilligan, B.Richeter ed E.Äberg. Fu il pluriennale Laboratorio di Ricerca sulla Manipolazione che mi aiutò a chiarire un po’ i concetti su questi temi. E una volta che il processo è avviato, la ricerca continua e cambia ogni giorno da capo.


“There is no such thing as a failed experiment, only experiments with unexpected outcomes.” Richard Buckminster Fuller

I giocolieri tendono a riflettere molto sulla giocoleria. Perché? Da un lato c´è semplicemente un enorme scenario, composto in gran parte da molti hobbisti con molto tempo dalla loro parte. Erano oltre 6000 i giocolieri previsti alla 31esima convention europea nel 2008 a Karlsruhe in Germania. Molte persone di questa categoria sono appassionati di matematica o di scienze, il che ha assicurato un veloce sviluppo di questo particolare ramo della giocoleria. Dall'altro noi giocolieri abbiamo meno impegno fisico rispetto ad altre discipline. Possiamo allenarci molte ore. Non dobbiamo dedicare molto tempo al riscaldamento, per la preparazione fisica e la muscolazione o dal chiropratico. Quindi abbiamo energie da investire in altri aspetti del nostro lavoro.
Adesso il nostro argomento é la ricerca. E ci sono due cose che si possono ricercare nel circo (sia esso giocoleria, acrobatica, numeri aerei, addestramento di leoni, etc) Possiamo ricercare trick (cosa facile e divertente) e possiamo ricercare a cosa servono i trick (cosa difficile e divertente). In altre parole possiamo inventare nuovi trick e possiamo inventare nuove applicazioni per i trick. L´applicazione é sempre e solamente orientata a creare una reazione emotiva nel pubblico. Sia la reazione applauso e stupore, o dolcezza e lacrime. Estetismo o imbarazzo.
Questo processo basta a se stesso. Possiamo eseguire dei trick che sono ottimi per cose ben  precise e quindi testiamo il nostro esito e vedere se riscontriamo applausi o lacrime. Oppure, ragionando all´inverso, possiamo prima cercare di capire per cosa é buono un trick e poi usare quella conoscenza. Questo può anche essere d´aiuto a definire cosa sia generalmente utile in una disciplina.
Ci sono tre aspetti di questo lavoro, e una volta definiti possiamo cominciare la strategia di ricerca. Questa spesso comporta molte domande, ma purtroppo non altrettante risposte. Questo è proprio quello che mi aspetto dal mio lavoro (o qualsiasi altro lavoro creativo).
1) FISICO: include i nuovi Trick e performace /l´aspetto teatrale (teatro nell´accezione più generica possibile)
2) MENTALE: include a cosa servono i Trick, nel momento specifico dell´esecuzione ed anche il "perché?" di quello che stiamo facendo
3) SCIENTIFICO: include la ricerca di tutti gli aspetti del mio lavoro (la maggior parte delle domande che verranno fuori). Tutto il lavoro che facciamo é ricerca: ogni ora in palestra, ogni minuto sul palcoscenico. Ma spesso li vediamo entrambi come processi lunghi e sfuocati, o non riusciamo a definirli come ricerca, a vederli come parti organiche del processo di formazione. Quindi un obiettivo che possiamo darci é quello di essere più efficienti rispetto a quello che sta succedendo e sempre attenti al processo creativo. In ogni caso facciamo sempre tutto il lavoro inconsapevolmente ma forse potremmo ottimizzarlo e chiarificarlo.
Possiamo scindere  i tre aspetti più chiaramente
1. FISICO: Quali sono gli elementi fisici del lavoro?  Almeno  i seguenti (ma non esclusivamente): 1) Corpo; 2) Attrezzi; 3) Ambiente
2. MENTALE: Quali sono gli elementi mentali del lavoro? Per esempio: In allenamento / in scena? Differenze e somiglianze? Cosa è speciale in relazione all’abilità (attrezzi, persone, spazio etc)? Perché questa precisa specialità?
Per cosa è particolarmente idonea la specialità?  WDYDWYD? Un concetto molto "zeitgeisty": Why Do You Do What You Do? (perché fai quello che fai?) Perché circo? Al principio forse era mostrare cosa é possibile, magari oggi serve a mostrare cosa é? Pressoché il contrario dell´evoluzione di tutte le arti!
3. SCIENTIFICO: Cosa possiamo farci con tutti questi fattori? Ricerca e preparazione: 1. identificare le domande  - 2. Definire gli elementi - 3. Progettare gli esperimenti; Ricerca delle applicazioni: 1. Mettere in pratica l´esperimento  - 2. Esplorare e definire i risultati
Io credo nella creazione rapida: definito l´esperimento prendo non più di 5-15 minuti per eseguirlo/esplorare i principi identificati. Dobbiamo imparare a credere alla nostra opinione di cosa é "buono". Riuscendo a prendere decisioni rapide su ambiti artistici o tecnici pratichiamo e rinforziamo la fiducia in noi stessi.
Cologne, 23 giugno 2012 


Tecnica creativa
Saggio apparso su circusgeeks.com

Tap Portugal volo 511, in viaggio da Stoccolma, Svezia a Lisbona, Portogallo. Viaggio verso casa delle mie sorelle nel nord del Portogallo, con l´intenzione di cogliere l´ultimo sole dell´anno prima di tornare in Germania e fare spettacolo fino a gennaio. Le ultime tre settimane le ho trascorse insegnando a tempo pieno. Una settimana alla scuola di Circo di Rotterdam, una settimana a Tillburg e le ultime due a Stoccolma. Ho scritto una prima bozza di questo articolo all´inizio di questo tour ed adesso ho provato a spiegare alcune cose che mi si sono chiarite nelle settimane successive. Ancora molte cose sono poco chiare, nonostante le mie migliori intenzioni, potrebbe non essere il migliore o forse uno dei possibili!
Tutto é cominciato quando stavo seduto nella sala insegnati al dipartimento di Codarts, all’Università delle Arti di Rotterdam. Accanto a me al grande tavolo, mangiando panini e bevendo te, c’erano 4 insegnanti russi, uno dalla Cina, e uno dalla Bulgaria. Tre dei russi arrivano direttamente dal circo tradizionale, il bulgaro dall´acrosport. Non sono sicuro del signore cinese, ma mi sembrava radicato nella tradizione (dava lezioni di Palo cinese and Hoop Diving - salti nei cerchi. Ndt - quindi mi sento certo dell´evidenza). Circo classico come backgorund. Al contrario il professore di teatro era tedesco e quello di danza americano. Io ero il solo insegnante di una disciplina con una formazione non classica.
Questa situazione onorava una delle discussioni più animate nel dibattito sulla formazione del circo moderno. Tecnica VS creazione. Trucchi VS arte. Vecchio VS Nuovo. Chi insegna che cosa? È meglio una scuola dai ferrei professori di tecnica classica (artisti del circo, ginnasti) ed avere "l´arte" come risorsa esterna (lezioni di danza, lezioni di teatro) o la loro combinazione dovrebbe essere più fluida includendo più sovrapposizioni. È una vecchia questione ed ancora non del tutto risolta nell’approccio pratico.
I giocolieri hanno storicamente una formazione più aperta sulla combinazione di tecniche rispetto alle altre discipline. Non penso si tratti di pura arroganza (almeno non completamente) da parte mia dicendo che i giocolieri sono stati i capofila ed innalzato il livello della curva nel “circo moderno”. I giocolieri possono correre più rischi senza rischiare di morire e forse in parte, paradossalmente, grazie a questa penuria di insegnati di giocoleria, paragonati agli insegnanti di acrobatica o tecniche aeree. Gli acrobati del circo che si ritirano alimentano continuamente il numero di professori di ginnastica professionale. Potenziali insegnanti di circo. I giocolieri possono andare avanti ad esibirsi tutta la vita: possiamo esibirci finché non cadiamo noi stessi sul palco morti di causa naturale, il che vuol dire meno insegnanti di giocoleria nel mondo.
Avere un team di professori che cambiano in una scuola in aggiunta all'organico di professori fissi ha vantaggi e svantaggi. Degli svantaggi che per il momento tralascio, ne parlerà magari in un prossimo post. Uno dei vantaggi della situazione invece è quello da parte dell'allievo di ricevere diversi approcci e quindi di essere forzati a cercare una propria opinione e visione artistica. Quindi questi professori “aggiunti” normalmente sono artisti in attività e hanno una visione corrente del mondo e molti di loro fanno parte di una generazione cresciuta con il concetto di “new juggling”: con creazione e coreografia nel loro repertorio tecnico.
Quando ho una settimana da trascorrere con alcuni studenti io solitamente non uso tutto il prezioso tempo della lezione facendo della pura tecnica. Se sono con loro solo per una breve visita trovo molto più importante condividere quello a cui tengo della giocoleria e tralasciare la pura tecnica, per trattare delle cose che mi esaltano e mi inspirano e spero di trasmettere questa energia ai miei studenti. Sembra necessario trascorrere delle ore parlando della posizione del corpo e facendo sottili correzioni ai movimenti delle braccia, ma normalmente non è la mia priorità. Devo sperare che ricerchino altrove queste informazioni (una supposizione, ovvio, uno degli svantaggi della faccenda!)
Certo, è assolutamente vitale apprendere una buona tecnica. Impararla in una maniera sana e chiara, dalle basi alle sfide. Ma possiamo insegnare in maniera creativa seguendo questi principi? Se impariamo la tecnica classica per salire su una corda ovviamente dovremo alternare piedi e mani. Ma non bisogna dare questo solo perché è la “buona tecnica”. Dovremmo imparare questa maniera come una delle possibilità offerte da questa tecnica. Quindi almeno in questi primi passi è necessario suddividere le azioni non solo per ragioni tecniche ma per ragioni creative. Hai imparato a salire sulla corda? OK! Adesso mostrami le variazioni, e prova a descrivere cosa cambia dall'interno e dall'esterno. Mostrami una maniera di risalire la corda che non ho mai visto, e costruisci una sequenza che valorizza tutti gli elementi che hai trovato. La buona tecnica non deve essere a discapito della creatività, dell'esplorazione e del gioco. E questa maniera deve essere introdotta al contempo della tecnica e non come una cosa a parte, in un'altra lezione e con un altro professore.
Ho avuto l'esperienza, per esempio, di questa maniera di insegnare tecnica e creazione separatamente, quando mi sono trovato recentemente nella situazione surreale di lavorare per 45 minuti su un numero già realizzato- Il numero finale dopo una formazione di 4 anni ed inoltre un numero che esisteva già da 6 mesi e già molte volte portato in scena. Per assegnargli definitivamente lo status di “finito” io ero chiamato ad apportare qualcosa di nuovo ed ero osservato da due professori di performance. Il numero prevedeva l'uso esclusivo del palo cinese e prima dell'esibizione mi venne chiesto “hai mai lavorato con qualcuno che fa palo cinese”. La mi risposta fu “no”. Per essere ancora più brutale ed onesto alla fine della sessione di lavoro ho aggiunto “continuo a non aver mai lavorato con qualcuno che fa palo cinese.”.
C'era una disconnessione totale tra la tecnica e l'impianto teatrale. Era un classico esempio di come fare male circo moderno. Era come “ io dispongo di questa tecnica , quale storia teatrale può renderla più interessante?” lontano dall’istaurare qualche connessione con la tecnica rimaneva qualcuno che usava la tecnica di circo come intermezzo. Era qualcosa tra parentesi, qualcosa a cui faceva ricorso, e lontana dall’essere l'oggetto principale. Io credo che sia il risultato diretto della separazione della tecnica dalla creazione. Come imparare parole invece di inventarne nuove per l'intenzione necessaria. Fatto da un professore di teatro che prova a buttare il circo dentro situazioni teatrali invece che di metterle al servizio della disciplina stessa. E se lo studente accetta lo schema questo è il loro risultato dopo una lunga ed intensa formazione? Io penso che sia un peccato.
Non credo che siano finiti i trick da inventare sul palo cinese. Sulla corda liscia, sul quadro coreano o su qualunque altro apparato. Perché non si riesce a vedere nuove tecniche per queste discipline come si fa nella giocoleria? Sì certo, il rischio è un fattore, ma anche la psicologia degli insegnanti e degli studenti è qualcosa di cui prendersi cura. Se veramente non esistesse più niente da inventare allora lasciamo tutte queste discipline e facciamo tutti insieme i giocolieri!
Ma allo stesso tempo, e dopo molti anni trascorsi interrogandosi su come creare performer di circo creativi, dobbiamo riconoscere che bisogna cominciare a essere insegnanti creativi: insegnanti che siano in grado di insegnare tecnica pura agli studenti, ma siano anche in grado di comunicare la necessità di una nuova tecnica. Un tecnica che racconti la storia di ciascuno, specifica e personale e d'alto livello. Una tecnica che includa la propria teatralità in contrapposizione al rischio e allo spettacolo e alla difficoltà. Il teatro deve approfondire e chiarificare la realtà: bisogna cominciare con la realtà, le tecniche di circo, e vedere se riusciamo a raccontare storie nuove usando questo linguaggio.
25 aprile 2012

 

 

Ritorno al centro. Una grande opportunità.


Una delle cause del declino del circo è stata probabilmente la moderna riorganizzazione dello spazio urbano. La piazza infatti rappresentava, come crogiuolo di mestieri ed arti di strada, un punto d'incontro per i cittadini e i visitatori mentre adesso nella moderna concezione architettonica la destinazione e l'uso della piazza sono molto cambiati. In Italia ha giocato un ruolo determinante, paradossalmente negativo, la bellezza;  nel tentativo di preservarla, infatti le piazze sono state blindate. I luoghi dove i banchisti e i mercanti trovavano posto, sono stati elevati per via della loro bellezza a monumenti. Tra tutte le funzioni sociali che la piazza sin dai tempi dell'antica Grecia ha ospitato è rimasta privilegiata quella d'immagine e rappresentanza formale. Da luogo di vita quotidiano a vetrina. L'avvento del turismo di massa e del conseguente adattamento del territorio all' affare crescente ha accellerato i processi di ristrutturazioni e ripavimentazioni, installazioni di fontane e decori urbani più o meno artistici (vedi l'onnipresente statua di padre Pio). Le piazze sono tristemente divenute la loro stessa cartolina, piatte e silenti. Nature morte architettoniche, quadretti preconfezionati da tradurre in pixel con una macchinetta digitale.
La crescente impopolarità dello spettacolo viaggiante ha tra le sue concause proprio l'emarginazione fisica dei luoghi dello spettacolo. Il montaggio dei circhi è stato destinato a piazze di periferia ed infine a parcheggi in zone limitrofe. Uscendo dal centro storico, come tanto è stato discusso il circo ha perso la sua centralità e la sua storicità. Oggi è praticamente impossibile assistere all'arrivo e al montaggio di un circo. A contribuire a l'allontanamento del circo dalle piazze centrali anche il “gigantismo” che ha afflitto le imprese dello spettacolo. Queste si sono sempre più dotate di grandi attrezzature, serragli, scenografie, tendoni enormi trasportati da decine di autoarticolati limitando la facilità d'installazione e l'agilità d'irruzione in luoghi piccoli. La tigre si morde la coda: la crescita di queste attrezzature, d'altra parte, è spesso servita per creare,  la visibilità del circo una volta relegato a spazi secondari. Allontandosi dal centro della città il circo ha perso la sua funzione di invasione urbana. Si è rovinata la sua capacità d'assalto caratterizzata dai rocamboleschi montaggi che producevano in piazza uno spettacolo nello spettacolo dando vita in poche ore al sorgere di una cittadella magica per la gioia dei passanti. L'intromissione nel tessuto urbano e sociale che tanto detonava curiosità è persa. Il circo adesso arriva in punta di piedi, monta i suoi chapiteau cercando di disturbare il meno possibile nel grigiore di aeree industriali. Questo processo ha impoverito la città e il circo stesso. Declinato al grado di semplice attrazione, senza la forza di shock culturale,  perde la sua forza originaria e la sua capacità autogenerativa.
Oggi  invece l'esposizione dei panni stesi al sole, della vita in caravana semplice e poetica, avrebbe una funzione altamente terapeutica per  l'annoiata e sedentaria vita del cittadino borghese. Regalerebbe a qualcuno ancora quel sogno intimo di fuga. La sensazione, forse l'illusione, d'acciuffare solo per un istante la libertà, di cogliere almeno il profumo d'una pacifica anarchia, proprio li sotto casa, in piazza.
L'occasione sarebbe fornita a domicilio per almeno una riflessione sulla morale comune, sul senso dell'uso e delle abitudini davanti allo spostamento quotidiano di una cittadella rotante che imbarazza la sedimentaria vita sociale.




Segnali positivi oggi arrivano dal circo contemporaneo che in controtendenza al “presente storico” si impone nei centri storici con disinvoltura e spregiudicatezza. In Italia eccoli sorgere i primi circhi alternativi che se non possono contare ancora su contributi o risorse generazionali possono almeno fare leva sulle loro modalità innovative. Il rapporto con le istituzioni è nuovo. Invertito: il circo tradizionale chiede i permessi per montare e gli viene assegnato uno spazio periferico mentre i nuovi circhi vengono chiamati direttamente dai comuni o mediante associazioni che organizzano eventi  tipo festival. Allora è interesse, in una logica capovolta, dell'organizzatore di rendere visibile il circo e gli riserva piazze prestigiose.

I montaggi del Circo Paniko a Bologna o del Grito Contemporary Circus a Fossano in piazza Castello, per esempio, entusiasmano il pubblico. Torna il circo in piazze dove probabilmente da più di 50 anni nessuno riusciva a mettere un picchetto. La forza d'irruzione del circo, seppure nel quadro di un festival, è decisamente intatta.
Allora una grande opportunità si ripresenta per il circo contemporaneo. Da sempre seminare in campi lasciati incolti da buoni frutti. Riconquistare la città al centro significa risalire nevralgicamente ai cittadini e quindi al pubblico. Il circo potrà riappropriarsi dunque, come nel resto d'europa, del suo valore sociale ed affiancarlo come un tempo orgogliosamente a quello artistico.
Dai ragazzi.

 

 

Italia, 2011. Circus down

Mille getti a tempo di musica. Luci e colori. Ecco l'attrazione.  Più di 20.000 litri d'acqua...26 gli spettatori. Il confine tra arte e intrattenimento diventa debole. Una frontiera che invece dovrebbe essere invalicabile. Una vera e propria trincea da difendere per far si che l'arte del circo possa continuare a proclamarsi cultura. Non per diventare dispensatrice di contenuti e morali ma per liberare l'immaginazione dello spettatore attraverso il processo che accomuna tutte le arti: la creazione.
I soliti colori eccitanti dei manifesti, capolavori pop, mi propongono migliaia di litri d'acqua che piroettano sotto un tendone. Vengo colto dal desiderio di capire. Immagino che un'attrezzo del genere un fontana spara acqua deve valere decine di migliaia di euro...forse quelli che basterebbero ad assoldare artisti e direttori prestigiosi. Ma chissà. Mi chiedo se c'è qualcosa ancora di interessante nell'esibizione della macchina. Non lo so allora devo osservare la cosa. Il circo è sempre stato votato all'innovazione, sotto lo chapiteau sono passate in anteprima universale centinaia di invenzioni e novità tecniche. L'itineranza è da sempre motore involontario di saperi. Lo spettacolo viaggiante in una sua fase è stato divulgatore di esperienze e saperi rastrellati nel perenne errare e di novità tecniche essendo quelle di per se attrazioni. Ma la fontana? Oggi. Non me l'aspettavo. Qualcosa nella mia testa c'era a proposito, un ricordo, un'immagine. Forse qualcuno me ne ha parlato una volta oppure ho visto un video. Una volta ho assistito ad uno spettacolo di un famoso direttore di circo contemporaneo che ha diretto un robot.  Allora devo entrare. Forse è avanguardia, magari involontaria. Non bado a trattative: 15 euro e sono dentro lo chapiteau. Guardo i contropali, per ammazzare il tempo osservo come è fatta la tribuna. Aspetto il momento catartico; dopo pochi minuti mi spengo. Tra numeretti che mi intrattengono provo a vedere una qualche poesia in ciò che mi circonda. Poi eccola l'attrazione del manifesto, il presentatore la introduce al pari degli altri artisti, senza voglia.  “Play” di un operaio e la macchina parte. SchwiupSchwiup SchwiupSchwiup SchwiupSchwiup.
Per fortuna c'è un ma. Ma il tendone non è abbastanza alto e così i getti toccano la tela, l'acqua scola sul lato invece che ricadere nella vasca di acciaio zincato dai fiori finti. Scivola e si compone in rivoli. Tutti guardano dove scola l'acqua piuttosto che i getti colorati dai led. Mi sforzo, madornalmente, per non guardare il flusso a terra; risulta che non tutti gli spruzzi sono a tempo.

Il giocattolo intrattiene gli annoiati nonni che intrattengono a loro volta i loro annoiati nipoti. Attimi di tedio mortale, una paralisi del tempo. Forse la fontana serve a questo ad annoiare, se è così allora è geniale, funziona. Una cassa dell'impianto gracchia musica classica, di sottofondo il rumore delle pompe idrauliche che si attaccano e si staccano a tempo ci sta anche bene. Mentre mi sento un nonno senza nipote vorrei essere nipote senza nonno per lanciare i popcorn sulla testa del mio vicino e gridare in faccia al direttore  ”la classe non è acqua”.

Ho letto una volta e ho ricopiato sul mio taccuino:
Rodolphe Pesce: “Il circo è a un punto di svolta, passando da un'attività familiare ad un impresa culturale necessitando una gestione adeguata: deve tenere conto anche delle mutazioni del gusto e principalmente del giovane pubblico dimenticando l'exploit di tipo sportivo a favore della creazione di spettacoli elaborati facendo appello alla musica, alla messa in scena e sopratutto all'immaginazione.”
Lo disse, in Francia, il 18 gennaio 1984, appena 27 anni fa.

 

 

 

un saluto a Luca Piazzese


"...e le palline compiono una capriola salendo in alto, danno un'occhiata al panorama sopra le case e dopo quella leggera sospensione precipitano; tornano a riposare dentro la mano. Il giocoliere da la vita alle cose e queste  lo amano incondizionatamente perchè hanno nella sua mano l'unica speranza di vivere'


Un saluto e un grazie a Luca Piazzese. Un saluto al suo sorriso d’amico e al suo sguardo intelligente. Un grazie per aver creduto e sostenuto con tutta la sua forza i sogni che oggi sono realta’. Fondatore della Convention Siciliana, dell’Open Stage di Roy Briganti, prezioso collaboratore di Ibla Buskers, presidente dell’associazione Tubajana Luca ha scritto pagine di storia nell’annoiata vita culturale della provincia con l’occupazione e la programmazione della chiesetta S.Bartolomeo a Ragusa Ibla luogo di incontro di culture differenti, con i suoi spettacoli per le piazze, con i suoi feroci articoli su giornali locali denunciando la 'mala cultura'... Come artista e come instancabile promotore di eventi ed iniziative, cronista puntuale su JM, Luca ha contribuito significativamente allo sviluppo della giocoleria e dello spettacolo in sicilia. Spettatori dello spettacolo della sua vita oggi a noi non ci resta che applaudirlo e tenere vivo il ricordo del nostro amato compagno di viaggio.
Ciao Mr.Platz, ciao.

Ieri.
Scrivere di una persona, di una vita, di un’amicizia non e’ facile. Le parole dovrebbero trasformarsi in emozioni, sguardi, abbracci , avventure. In pomeriggi di passing. In sogni.
Con Luca alcuni di noi hanno condiviso un epoca molto speciale della vita.
Ripensandoci con attenzione a distanza di 15 anni forse le nostre clave in aria, aldilà della vocazione artistica o dei risultati tecnici che le intense ore di allenamento producevano, volevano solo sbandierare una voglia di cambiamento. Sembravano voler dire a chi ci stava intorno: “non siamo come voi”.
Con Luca discutevamo di futuro. Sempre. Era, allora, un periodo di analisi. Nella Sicilia pre-internettizzata anche immaginare era complicato. La giocoleria poteva diventare la nostra vita? Allora la risposta a questa questa domanda apparteneva al sogno. Il sogno folle di un gruppetto di ragazzi seduti su un braccio del porto a guardare il mare; nel gradone più in basso i pomelli delle clave sporgevano come sempre dai nostri zaini.
La nostra, è vero, era una proposta bizzarra: vivere facendo spettacoli in strada. Ma e’ anche vero che le alternative erano desolanti e troppo deboli per distoglierci. La cosa prendeva il sapore e lo spirito di una battaglia epocale anche se era del tutto un affare personale. Ad eccezione di Aldo Viral che sporadicamente faceva capolino a Ragusa fino ad allora mai nessuno aveva lanciato niente in aria da quelle parti e all’improvviso noi volevamo buttare in aria ogni cosa. Il guinzaglio dell’uso comune non poteva bastarci.
Al contrario, la convinzione che quell’universo originale era possibile e l’ostinazione che fu necessaria per  dimostare agli altri che eravamo ‘Giocolieri’ furono tali che riuscimmo a convincere persino noi stessi.
Cosi mentre i nostri coetanei ancora cercano lavoro, qualcuno di noi allora cominciava a guadagnarsi la vita  facendo spettacoli e animazioni;  forse per un momento qualcuno lo considero’ come un’attivita’ provvisoria ma poi non si trovarono le motivazioni per continuare a considerarla tale. I quattro soldi e gli spettacoli potevano farci viaggiare cosa che per chi nasce e cresce su un’isola e’ un desiderio ancestrale.

La chiesetta
Entrai alla chiesetta di S.Bartolomeo a Ragusa Ibla.
Luca l'aveva occupata dopo che la chiesa cattolica l'aveva abbandonata ai topi. L'occupazione della chiesetta diede vita alla creazione di un luogo unico nella storia della città di Ragusa. Un luogo dove era finalmente possibile organizzare dei concerti, workshops, spettacoli, attività d'ogni tipo. Un luogo dove anche i giocolieri potevano allenarsi, i musicisti provare o dove ci si poteva semplicemente incontrare. Le attività che Luca avviò alla chiesetta furono tantissime. Dagli incontri nacquero collaborazioni e dalle collaborazioni progetti. Ma la chiesetta era anche un luogo di incontro e svago, un porto franco dove prendersi una pausa da tutto il resto. Tutti quelli che la frequentarono possono ricordare le serate leggiadre e quando dopo un concerto ammiravamo lo spettacolo architettonico di Ragusa Ibla sorseggiando l'immancabile zibibbo del barrettino che autofinanaziava il progetto.
Arrivai la per proporre a Luca di ospitare un Open Stage. Feci presente che non c'erano altri luoghi in provincia dove esibirsi. Organizzare una serata poteva essere l'occasione per raggruppare tutti gli artisti che gravitavano alla chiesetta. Luca si disse molto d'accordo sulla parola “Open” ma in quanto allo “stage”... alla chiesetta fino ad allora non c'era nessun palcoscenico! Lavorammo due giorni interi rubando tavole ovunque possibile. Come in un racconto piantammo l'ultimo chiodo dieci minuti prima che entrasse il pubblico. La serata fu un successo, il pubblico arrivò lentamente ma l'Open stage prese il via. Luca intui che sarebbe diventato un appuntamento fisso.
(La chiesetta oggi è di nuovo chiusa. E' stata sgomberata. Dopo mille battaglie e peripezie giudiziarie, la chiesetta è tornata ai topi.)

Il presidente
Ogni anno l'Open Stage cresceva sempre più: collaborazioni e ospiti di riguardo. Anche noi crescevamo in competenze ed esperienza. Abbandonammo la chiesetta perchè troppo piccola e continuammo a cambiare sale e teatri, chapiteau... di anno in anno per accogliere sempre più pubblico fino a raddoppiare le serate.
Alcune cose, allora hanno cominciato a  trasformasi in tradizioni. Una bottiglia di whisky denominata clessidra si aggirava sul palco, una sgangherata scritta luminosa campeggia sullo sfondo. Una musica disco che interrompeva i presentatori annunciava la consueta sfilata di moda di Luca che appariva sul palco come in una passerella d'alta moda sfoggiando improbabili capi d'abbigliamento. Uscito di scena ai presentatori non rimaneva che spiegare al pubblico che l'Open Stage era organizzato dall'associazione Tubajana il cui serio e rispettabile Presidente...era quello strano personaggio che avevano potuto ammirare. Le risate riempivano la sala. Come quella volta che Luca si travestì alla perfezione da vecchietto e fece irruzione in teatro fingendosi il custode rimbambito intenzionato a spegnere le luci e a cacciare via il pubblico...

La Convention Siciliana
Luca fu promotore della convention Siciliana di giocoleria, un'altra grande sfida che si trasformò in un successo che da tanti anni raduna ragazzi provenienti da tutta la Sicilia e graditissimi ospiti da ogni dove. Nel corso degli anni la convention ha girato di città in città visitando pittoreschi luoghi dell'impervia isola e raggiungendo location a dir poco cinematografiche...La convention siciliana doveva (e deve),  nell'idea di Luca, essere di volta in volta un'oasi surreale all'interno di un contesto sociale ovviamente sorpreso e sconvolto dalla tribù dei giocolieri. Un'operazione di shock culturale della quale si potrebbe scrivere e ragionare tanto. La cosa interessante di Luca  è sempre stata che attorno alle sue attività c'era sempre un'idea portante che era il propellente per superare le difficoltà d'ogni sorta. La convention Siciliana di giocoleria, nel progetto di cui Luca era promotore insieme a tanti altri,  a differenza delle altre convention che ho visitato non ha come scopo unico l'incontro dei giocolieri  ma l'incontro della giocoleria con la popolazione locale al fine di suscitare un scambio imprevisto e generoso. Se la convention perdesse di vista questo principio si trasformerebbe in una dei tanti incontri tecnici che in Sicilia a causa di infiniti problemi logistici non sarebbe possibile e perderebbe il suo magnetismo.
Questo Luca lo sapeva bene e lavorava affinchè lo spirito fosse chiaro a tutti quelli che lo collaboravano, anche se questo a volte significava imporre un'idea; e non era una cosa così malvagia visto che di altre idee a disposizione non ce ne erano in circolazione ed invece chiacchere a quintali.

Luca credeva nel "movimento"  legato alla giocoleria e al circo che si sviluppava in italia e ritenenva che  l'informazione fosse un importante volano e dunque era impeccabile cronista degli eventi che creava o a cui collaborava e JM spesso ospitava i suoi articoli.

Mr.Platz
Una camicia tutta rossa, con tanto di sparato e bordini neri sul colletto. Femminile, in purissimo materiale sintetico. Una classica bombetta, nera come i pantaloni e i suoi occhi. L'immancabile bretella. Un fiore rosso per il suo numero d'equilibrio. Mr.Platz era un personaggio delicato. Classico nei modi ma unico nella fisionomia. Il volto scuro e disteso, un corpo dai movimenti lenti. Non un aggressivo artista di strada pieno di trucchi per sorprendere il pubblico e totalizzare il record di cappello. Mr.Platz con le sue clave, da solo o in coppia con il mitico Peppino, era armato unicamente di un indimenticabile sorriso.

Un Festival in testa
Una volta Luca mi disse che voleva organizzare un festival di arte di strada in Tunisia. Aveva vissuto  in quel paese qualche mese per i suoi studi e aveva stretto contatti con l'istituto di cultura italiano; la cosa era realizzabile. Aveva in mente un progetto molto ambizioso: creare attraverso dei gemellaggi di festival con programmazioni condivise, una rete di festival del mediterraneo. Ripeteva che l'Europa era ormai realtà, una realtà politica prima che culturale, e si voleva creare un progetto culturale vero bisognava lavorare più a un progetto che partisse dal basso e che fosse basato sulle affinità mediteranee. Come dargli torto...la Sicilia è più prossima ai paesi del nord africa per clima e tradizioni che ai paesi nordici con i quali è accomunata dal titolo Europa.
Quello in Tunisia sarebbe stato il primo passo. Mi chiamò e mi propose di collaborare alla cosa, anche Peppino, come sempre era a disposizione. Cominciai a esporre le mie perplessità su alcune questioni pratiche. Luca mi rispose che in tutto quello che lui aveva fatto fino a quel momento le difficoltà erano state sempre maggiori delle certezze e che altre difficoltà impreviste si erano aggiunte... ma in qualche modo era riuscito a realizzare  quello in cui aveva creduto. Anche per noi era stato così. Accettai di collaborare; purtroppo non ci fu tempo. Ma, forse, un giorno riusciremo a realizzare quel sogno.

Oggi
I sentimenti turbinano in un valzer di malinconia. Ruzzolano e si capovolgono le emozioni. Davanti l'assenza si erge un muro fatto di ricordi. Mattoni di un'amicizia che resisterà alla misera realtà e che sopravviverà in quello spazio intimo ed inattaccabile che sempre ci ha legato: il sogno.

(S'alza forte il vento sulla spiaggia di Marina e non possiamo più parlare; la sabbia sospesa in aria ci fa avanzare controvento e ci costringe a guardare in basso, sprofondiamo nella spiaggia. Il mare è in tempesta, urla e schiuma. Schizzi d'onde. L'odore a noi caro si fa forte.)

E' un'altra volta inverno.
I problemi dell'uomo sono sempre gli stessi. Le malattie, la violenza, la violenza delle malattie. La realtà ci opprime con i suoi limiti materiali ma il desiderio e la fantasia si confondono e si corteggiano: come due insetti partono in volo. Sospesi nell'aria si accoppiano e si abbracciano con le loro dodici zampe, si combinano chimicamente ed esplodono. Allora nella confusione di quel botto anche un gesto insignificante può diventare detonatore di nuova felicità. La clava cade, il giocoliere la raccoglie e la restituisce al cielo.
Presto sarà primavera, andremo ad allenarci ai giardini.
Luca sorridici. 

 

 

 

 

Appunti

 
Appunti Conferenza Stampa "Cirk Fantastik"
di Salvatore Frasca
a cura di Alberto Becucci


I
Una tradizione che non vuole rinnovarsi.

“Nel grigiore degli albori dell'epoca industriale il circo fu l'unico soffio di sogno, accarezzato dagli artisti come oasi possibile per sprigionare una creatività considerata altrove improduttiva.
Arianna di Genova

Il circo, nella sua accezione di spettacolo/azienda familiare, fa l'ingresso nel nuovo secolo come la fase finale e decadente della fulgente storia dello spettacolo viaggiante.  Oggi, invece di quell'oasi felice che si era prospettata alla comunità artistica del secolo scorso, il tendone potrebbe essere visto come un deserto. Un luogo arido in cui alcune piante superstiti hanno trasformato i loro fiori in aguzze spine erte a difesa contro minacce predatorie esteriori o forse estere. Protezioni che risultano inutili a combattere l'insidia più pericolosa e realmente mortale per il circo: la scarsità del fluido linfatico della creatività. Quell'anima preziosa che motiva il rischio e la provocazione (motori propulsori della spettacolarità e che spingono alla ricerca come esplorazione dell'originalità) ha tolto le tende. La pista non emana più quel profumo selvaggio che tanto doveva attrarre pittori e poeti che vi ronzavano attorno a caccia d'ispirazione, carica come era di una straordinaria forza ancestrale, che era  miele per quelle api assetate di libertà espressiva.
Nessun artista oggi, invece, ve ne può trarre ispirazione alcuna, se non quella del cambiamento.

Se le origini dell'acrobatica, della giocoleria, delle danze sul filo o degli esercizi equestri si perdono nella storia dell'uomo, molto più recente, addirittura moderna, la nascita dello spettacolo come insieme di queste millenarie arti. Il circo, infatti, al contrario di come molti pensano o vorrebbero pensare, è un fenomeno assai giovane.

Le difficili contingenze di una vita spesa in viaggio e la sua precarietà (dovuta anche all'inadeguata valorizzazione  e attuale considerazione istituzionale) hanno contribuito a rendere questa condizione artistica ed esistenziale sempre più spesso una scelta ereditata e non ambita, in cui l' arte (da intima esigenza di creazione e comunicazione) si trasforma pericolosamente in mestiere di famiglia.
Comincia così il tragico epilogo del primo avvincente capitolo della storia del circo moderno inaugurata dal geniale Astley intorno al 1770.

Passato per i trionfi di grandezza degli anni 20, attraverso la mondializzazione, l'avvento dell'era chapiteaux viaggianti, con esiti alterni fino ai grandi exploit tecnici degli anni 60 e i records di pubblico, il circo ha avuto la freschezza di crescere e rinnovarsi di adattarsi al paesaggio mutevole dell'intrattenimento su scala mondiale. Anche attraversando guerre e periodi commercialmente molto più neri delle crisi nostrane, lo spettacolo per eccellenza ha proceduto negli anni.

Fino a quando l'autocelebrazione e la deliberata volontà di considerarsi una forma di arte chiusa,(unite a motivi economici-gestionali) lo hanno prosciugato e denutrito fino al collasso attuale.
Lo spettacolo e l'arte non devono fermarsi, cristallizzarsi; per rinnovarsi devono tendere alla non regola o meglio al superamento della regola; solo così saranno sempre in grado di evolversi e di emozionare.   

I contributi statali hanno assunto l'aspetto di una accanimento terapeutico incapace di produrre alcun risultato diverso dal rallentamento dell'agonia della figura clown col fischietto, dell'ammaestratore con gli stivali, delle trapeziste in perizoma.

Ed allora è agghiacciante la fotografia del generico tendone a strisce dei nostri giorni, (salvo rarissime ed illuminate eccezioni).
Le orchestre e la musica dal vivo, cuore pulsante dell'esibizione caratteristica: falciate.
Il riguardo per lo stile: dimenticato; assistiamo ad  una successione di numeri che si avvicendano per mano degli stessi personaggi che, camuffati, vengono spacciati per artisti diversi.
L'organicità del programma: debellata, interotta sovente da visite ai fatiscenti serragli.
Le immagini grafiche e gli strumenti di promozione e marketing: antiquati.
Oggi il circo ci appare gravido di una menzogna sterile e non teatralmente rispettabile: l'ostentazione di pericoli inesistenti per domatori  indomiti alle prese con coccodrilli sdentati o tigri di peluche. Dispensatore di una comicità banale, impersonificata da uno stereotipato clown che con un sacchetto in mano si aggira  per la pista a caccia di noccioline invisibili da catture con uno schiocco di dita mentre il pubblico sbadiglia.
Sfrontato nel propinare al pubblico il bonus fastidio della mercificazione d'ogni cosa: la foto con la scimmia, con il cammello, con la bandierina, con babbo natale e i popcorn, con il dischetto volante, con la manina luminosa, con padre Pio sulla giraffa... spostando vigorosamente l'asse d'equilibrio tra la dignità artistica dello spettacolo e la bieca utilità economica .

Fortunato chi ha saputo vedere e cogliere nello sfacelo di questo mondo in miseria la nobiltà e la poesia di un tempo.
Se la foto del clown allo specchio nell'atto di truccarsi è diventato un patetico luogo comune senza più alcuna forza evocativa, se le strisce dei tendoni e la psichedelia kitsch dei manifesti verdi e fuxia sono diventati cimeli pop anacronistici ed invisibili in mezzo all'overdose di pubblicità odierna, se le pallettes sui corpi delle donne volanti non rappresentano più le magiche scie di un intimo e forse proibito sogno per il padre di famiglia sorpreso con lo sguardo in aria, perso nel vuoto, se gli animali con la loro bestialità trasportata in scena non evocano più mondi lontani e selvaggi, ma solo l'orrore delle loro vite trascinate attraverso i caselli autostradali, allora forse è giunto il momento di ammettere, con tristezza e un po' di rabbia, che quell'epoca artistica affascinante, come quella dei palloni aerostatici o dei grandi transatlantici, per esempio, è tramontata, esplosa, colata a picco.

Ci piacerebbe quindi vederla spegnersi con la dignità di quel prestigiatore ottantenne che, tornato in camerino, vide le sue mani tremare; sentì che presto la sua arte gli sarebbe sfuggita e fece, allora, comparire sul suo volto due lacrime. S'alzò di scatto per tornare in pista, deciso a dire addio al suo pubblico, ma l'arena era già vuota. Ed allora, lo disse a se stesso, quella sera nella sua roulotte, in piedi davanti allo specchio nel suo costume migliore, avvolto nel mantello: Scignori addio! - e sorrise-  La 'magie': finita. Buona notte a tutti, l'ultima illusione in fondo la mia. Pubblico e bambino sono stato anche io e tutti quanti come a me al circo non sopravviveranno; sapete che ve dico? Non me vedrete sbagliare er trucco. Prego attenSione - Puffh -  Così dicendo, con il gesto circolare delle mani a lui caro, scomparve, ma sotto al tavolo: accasciandosi sul divano e lasciando intorno a se una nuvola biancastra, come di solida nostalgia, che restò la anche quando portarono via la sua roulotte. Una nuvola biancastra che è  ancora la in quel parcheggio a distanza di cento anni.
 
Per fortuna le carte della zingara hanno predetto al giovane circo lunga vita. Anche Fellini, che al circo tanto voleva dovere, nel suo film documentario “I Clowns” ci avvisava, già nei primi anni settanta, che un rinnovamento era in corso in Francia. Da noi, nel Bel Paese, invece il famoso cirque nouveau, fenomeno ormai adulto di 30 anni, venne ucciso sul nascere, abortito, appunto da una strategia protezionistica operata da una lobbie di famiglie d'arte, sedicenti depositarie di una codificata tradizione tecnica ed estetica.

Dal punto di visto economico la cosa potrebbe essere osservata come la fabbricazione di uno scudo da parte di un gruppo oligopolistico nel mercato delle attività commerciali basate sullo spettacolo viaggiante per blindare l'ingresso a terzi competitori, nuovi o stranieri.

La storia delle origini delle dinastie circensi ci racconta romantiche avventure di uomini, avvocati o dottori, nobili o contadini che, lasciata ogni cosa, si abbandonarono al desiderio ancestrale del viaggio perpetuo.
Il loro approccio al circo ed all'arte spesso era una vera e propria forma di evasione da una nascente società metropolitana ed industriale. La conoscenza della formazione spontanea e libera dei primi gruppi circensi accentua il rammarico per l'epilogo drammatico dell'universo dei propri eredi. Essi rinnegando, spesso inconsapevolmente, le proprie origini hanno operato una chiusura assai violenta verso alle intrusioni extra-familiari preferendo alla sfida di rinnovamento, che l'avvento del cinema e della televisione imponeva, un fuga settaria e sfortunata: un percorso all'inverso che invece di condurre verso nuovi e lussureggianti territori dello spettacolo, (che le avanguardie avevano indicato per  tutte le arti) li ha portati a rinchiudersi agonizzanti in uno stato di cattività esponendosi anacronisticamente alla stregua dei loro animali in gabbia.

E a quanti amano invocare la parola TRADIZIONE va ricordato che l'indole dello spettacolo (e dell'arte in genere) è di rivolgere il suo sguardo verso l'innovazione e la modernità, per svelarla al suo pubblico, rappresentandola, fotografandola, riflettendola, ma anche e soprattutto interpretandola, deformandola, sublimandola, per renderla ARTE.

II
Martellate
“La metamorfosi include sempre una metafora"
Edoardo Sanguinetti


Pirandello raccontava nella Giara di un mastro, Don Lollò il quale, per eseguire accuratamente la ricostruzione di un anfora rotta, si calò al suo interno per meglio incollarne i pezzi. Quando fu ultimata la riparazione si rese conto d'essere rimasto imprigionato dentro la stessa giara. Questa ovviamente fu rotta nuovamente per lasciarlo uscire.
La metafora si presta a descrivere la situazione del circo definito 'tradizionale' in Italia.
Don Lollò volle salva la vita e con coraggio spaccò nuovamente la giara. Al circo di tradizione sembra sia sfuggito di mano anche il martello. E per fortuna le martellate, allora, vengono dall'esterno, e tuonano  sorde come tocchi di campane: la tradizione che non si rinnova muore.

Esasperando il concetto di gaia spregiudicatezza secondo cui gli artisti,  per il bene della società hanno il compito d'incarnare il pensiero libero del bambino, i teorici del secondo futurismo pretendevano che il destino dei nuovi artisti fosse di essere i loro nipoti. Ci viene da pensare come potrebbe sopravvivere, oggi, una forma d'arte come il circo tradizionale che ai propri nipoti chiede di essere come i loro bisnonni?

III
Eppur si muove.
“La moral n'a rien a voir avec le cirque"
Tristan Remy

Benvenuti a Cirk Fantastik, rassegna di teatro-circo attuale.

La spinta del fenomeno di europeizzazione ha aperto nuove possibilità nei commerci negli scambi ed anche alla cultura. Il circo attuale, oggi, in parte svincolatosi dall'esclusivo privilegio familiare, ha scoperto nuovi e briosi artisti di diversissima estrazione. Questi, anche, forti di formazioni accademiche, favorite dal nascere di tante scuole moderne in contrapposizione alla trasmissione segreta ed ereditaria delle tecniche, hanno  invaso con la loro fresca creatività spazi nuovi della scena arricchendo ancora una volta come nel fondamento dell'idea circo la potenzialità della commistione delle arti della pista e della scena. E così le tecniche, nel più dei casi spogliandosi dell'originale concezione come esibizione d'abilità, si sono mescolate al teatro con straordinario successo.
E senza passare per le logiche di diffusione-imposizione dei grandi media,  il teatro-circo gode di grande un'attenzione da parte del pubblico (un pubblico nuovo) che ha creato un seguito europeo significativamente grande da imbarazzare la scena preesistente e così vigoroso da costringere i grandi teatri a cedere il palco, e qualche volta i botteghini, a questi nuovi protagonisti.

Cirk Fantastik una programmazione di spettacoli che tenta di dipingere un arte nuova che poggia sul passato essendone sua naturale evoluzione. Nella programmazione non sono stati tralasciati spettacoli che omaggiano al varietà, anello di congiunzione tra il palcoscenico e la pista, estinto cugino teatrale del circo assai caro ai futuristi, come nello spettacolo Gran Cabaret Deluxe,  ne si manca di mostrare le sembianze classicheggianti del Cirque Nouveau con la Compagnia Coliflor o le nuove forme di clownerie musicali con il Teatro Necessario o Nando e Maila, per arrivare alle  forme sperimentali e contemporanee con lo spettacolo della compagnia El Grito.

Un gran galà finale varietà Fantastik previsto per intrattenere il pubblico mescolando liberamente arti circensi e musica. Uno spettacolo all'insegna della collaborazione virtuosa tra musicisti ed artisti del circo lasciando pista ai “Camillocromo” le cui composizioni musicali traggono forza ed ispirazione dall'universo onirico e surreale del circo.

La programmazione un omaggio al circo, al quel circo che non rinnega la sua origine d'arte libera. A quel circo attuale che non si vuol chiudere in se stesso che pronto a percorrere strade nuove e ad accogliere pubblico ed artisti d'ogni provenienza dimostrandosi dal punto di vista culturale trasversalmente efficace, lontano dalla logica castrante di conservazionismo familiare. A quel circo che contrappone alla logica commerciale artisti, poliedrici i quali vogliono sapere muoversi con lo stesso agio sotto il tendone, sul palcoscenico ed in piazza restituendo alle discipline circensi tutti gli spazi che le supreme arti del corpo possono invadere grazie alla loro arcaica immediatezza. Cirk Fantastik il tentativo di informare il pubblico che esiste un circo che fa della qualità il suo punto di forza e attraverso il metissage delle arti corre in direzione contraria alla tramontata era della specializzazione tecnica.

Salvatore Frasca

 

 

Rodhos, Grecia.

La scuola in periferia e il circo Bakalo:
ovvero che fine ha fatto Aldo Viral?


Dall'isola di Rodhos, paradiso mediterraneo dell'inverno, inferno-incubo dell'estate turistica, si vede prossima la sponda della turchia. Rodhos è come tutte le isole al contempo protetta e minacciata dal mare. Oggi i predoni sono i turisti che sbarcano da navi palazzi e abusano in massa della tranquillità millenaria del luogo in cambio di monete provenienti da mondi lontani.
La stagione della resistenza (e dei guadagni) degli isolani  coincide con quella vacanziera nord europea. L'inverno scorre annoiato e la vita torna ad una dimensione distante anni luce dal clima ibizastyle-supermarkelife-beachtrendy-cocktailgiàlosai che la colora in estate.
Laggiù tra molti i molti viandanti che l'isola d'inverno ha rapito e strappato al viaggio ritroviamo Aldo Viral, o meglio "Lo Zio".
Scomparso dalle cronache circensi italiane da qualche anno, pioniere dello spettacolo in strada in italia,  instancabile seminatore di circo, dopo aver unto con il virus della giocoleria differenti luoghi del pianeta ha trovato calma approdando nell'isola dei colossi.  Assai cara anche ad altri celebri artisti italiani (Il ricordo di Girovago e Rondella è ancora  assai vivo, a distanza di anni, sul posto).
Dalla pemanenza di Aldo nell'isola, gia tre invernate, e dal suo incontro con Panayoti (attore e musicista della prestigiosa Accademia Drammatica Nazionale Greca; anche lui risuchiato dalla magia del luogo) è nato un progetto di scuola di circo. Radunare giovani nell'isola non è stato difficile visto le carismatiche personalità in gioco e così questa scuola trovando l'appoggio di un centro di danza che mette a disposizioni i locali per gli allenamenti ha cominciato le sue attività nel migliore dei modi.

  

Lì  i ragazzi ricevono lezioni di giocoleria ed equilibrio da Aldo, teatro ed arte del corpo da parte di Panayoti ed acrobatica da Alexandra (una ex-ginnasta che si è aggiuta  al duetto di ideatori). Tutti i ragazzi hanno cominciato completamente da zero ed in tre anni sono cresciuti tantissimo...alcuni di loro lanciano 7 palline e giocolano 5 clave, oltre ad avere una buona preparazione teatrale.Dalla loro voglia di cominciare a lavorare e guadagnare qualcosa con la loro nuova "arte" i ragazzi insieme ad Aldo e Panajoti  hanno fondato il circo BAKALO,  un collettivo che è anche uno spettacolo che scorazza per l'isola ogni volta che una festa lo richieda-Il circo Bakalo è già molto amato dagli isolani!
Dopo la loro prima gitana esperienza di tournèe nei Balkani il circo Bakalo medita di conquistare l'anno prossimo l'Europa con la loro simpatia e carica umana completamente controtendenti al modello di ogni scuola tradizionale.
Adesso Ryanair vola dall'Italia per Rodhos...andare a trovare lo zio è piu facile  ma  ricordatevi di mettere in valigia clave e palle da donare alla scuola!!

 

 

Parigi, Francia

Prodezza del caso:
Storia di una clava venuta dallo spazio.


Una sera di novembre eravamo, dopo lo spettacolo, in una terrazza di un teatro a Parigi. All'improvviso mentre dicevamo le solite cose che si dicono dopo uno spettacolo di teatro e circo a riguardo della tecnica nel contesto teatrale ed altre balle di questo tipo inutile (teologia paracircense), una bottiglietta d'acqua, per metà piena, scivolò improvvisamente dal davanzale della finestra proprio accanto a noi dove l'avevamo posata qualche secondo prima. Essendo quello un piano inclinato la bottiglia scivolò e ruzzolò da un'altezza di circa un metro e mezzo per capitombolare, rimbalzare e roteare (solite cose di un oggetto che finisce al suolo) per poi fermarsi, d'incanto, in un improbabile equilibrio davanti ai nostri occhi aperti, adesso, e spalncati: equilibrio sul tappo. Prodezza del caso? Lorenzo fu il primo a trovare quattro parole e a dirle in rapida sequenza:"Questo non succede maaaaaai".
Allora Eva si mise a raccontare, mentre noi continuavamo a fissarela bottiglia con l amantibola parecchio rilassata, che un suo amico "malabarista", non ricordo il nome, gli confidò che durante la sua lunga carriera aveva visto solo due volte una clava cadere e rimanere in piedi. Allora qualcosa mi passò davanti come un ricordo lontano anni luce.
Io una clava in piedi me la ricordo.
Nella palestra c'erano tanti giocolieri che lanciavano in aria oggetti massivamente. A vederlo da fuori un raduno di giocolieri deve sembrare un ritrovo di impotenti ma dall'interno la situazione è un po migliore. Migliaia di oggetti si sfiorano in aria con le loro traiettorie perfette controllate da mani attente. Oltre che gli oggetti nell'aria in qeste occasioni c'è sempre desiderio di controllo, ego esibizionista, risate, commenti a basa o alta voce. Qualcuno mostrava tutta la sua solitudine invernale barattando un grandioso trick che gli era costato mille ore di silenzio in cambio di una manciata di secondi di attenzione altrui, nell'atto di compierlo in aria. Quell'armonia di piccoli successi era integralmente retta dagli errori: alcune clave stramazzavano al suolo come uccelli sparati; le mani vitali dei giocolieri correvano a prenderli per restituirli al cielo.
Li accadde.
Chissà da dove arrivò, la clava. Cadde sul pavimento e dopo la consueta piccola danza del rimbalzello, voilà, equilibrio sul top. Il " Wao0O! " fu grandioso.
Paralizzò chi gli stava vicino, come un'eplosione atomica si propagò in fretta per tutta la palestra. Chi lo vide da lontano non si avvicinò: accorse. Lo sguardo dei testimoni era incredulo: era come se un miracolo fosse avvenuto agli occhi dei più persi dei miscredenti, noi.
Rassegnati e gioiosi, un pò pentiti, un po disposti a creare un segreto, un pò pronti a raccontare l'episodio per tutta la vita ad altri scemi come noi. Lo squardo fisso sulla clava di molte persone contemporaneamente spiegò velocemente anche a chi non avveva assistito cosa era successo. E adesso si bisbigliava nella palestra. Un cerchio si formò attrono alla clava, come un vero e proprio aritsta la clava se ne stava li in mezzo senza fare nulla di più che essere. Proposi un applauso e scrosciò. Fu bello constatare in pochi minuti che quella clava non appartenenva a nessuno. Ostentando l'immobilità, esibendo solo se stessa se ne stava li in mezzo. Ritta.
Qualcuno ha detto che "l'immobilità è un atto appassionato", mai quella frase fu più vera. Ovviamente, nessuno ebbe il coraggio di muovere quella clava e soprattutto non se ne riusciva a trovare il perchè.
A poco a poco l'attività della palestra riprese e la clava resto lì come un altare a se stessa, come un trofeo di tutti, per qualche giorno. Poi mentre stavo al bar ascoltai qualcuno che raccontava della "clava": era caduta.
Non potei non adorare la perfezione dell'episodio ricordandolo come la cosa più interessante di quella convention, l'insegnamento più concreto. Ho visto giocolieri provare cose impossibili e riuscirci. Sei, sette, otto oggetti in schemi complessi. Non ho mai visto provare nessuno a lanciare una clava a terra sperando di metterla in equilibrio...se qualcuno riuscisse ad imparare questa tecnica, questa ucciderebbe il pubblico. La sua fama correrebbe  per i pianeta...

Anche quella volta sulla terrazza lasciammo la bottiglia in equilibrio li come si era messa. L'evento aveva troncato di botto la nostra discussione. Non c'era piu niente da teorizzare. La bottiglia non veniva dallo spazio: mi venne da pensare che l'arte del giocoliere potrebbe essere ridotta al semplice sforzo di rendere lo straordinario riproducibile. Perlomeno provarci. E riprovarci.
Coltivare un modo diverso di vedere le cose. "E' la semplicità che è difficile a farsi",  questo lo ha detto Brecth...

 

 

 

Belgrad - Serbia

Cirkusfera

Il circo tende a disconoscere limiti ed infrangere barriere fisiche, culurali e psichiche. Tanto meno riconosce "Schenghen" e la cortina di ferro che l'Europa conservativa con aggiunta di conservanti  ha costruito intorno a se. Ma le idee e le arti non si fermano alla frontiera. Filtrano tra i caselli autostradali, percorrono stradine di campagna, svivolano sul mare. Eterea come è l'arte trapassa la legge che non riesce a limitare la disarmante esportabilità. La divisa dei finanzieri rimane di un grigio inoffensivo, le mani dei doganieri che rovistano artisti e furgoni tornano in tasca. Scusate l'arte passa. Non si può fermare con un timbro o una legge questa maledetta cosa: ecco, il circo nuovo è arrivato in Serbia. E se anche forse la cosa appartenesse alla necessità di qualcuno di conquistare nuovi mercati della cultura...(non a caso compaiono sempre gli istituti di Cultura Francese quando si parla di circo nuovo in paesi vergini) rimane un evento importante vista la nota straordinaria capacità dei ragazzi dell'Est di saltare in un solo istante da un era ad un'altra e rendersi i protagonisti della scena. Nel mondo della musica questo fenomeno è prassi.
A Belgrado Cirkusfera è un' associazione che raduna attorno giovani artisti. In un grande palazzo dei tempi passati, che doveva essere un centro di stampa e propaganda comunista[*] per tutta la Yogoslavia, al "BIGZ" i ragazzi hanno affittato un locale e lo hanno trasformato in un centro prove con palestra, mini bar e magazzino. Quando con Milan scendiamo molti piani sotto terra per prendere una scala per montare il trapezio, troviamo una serie di enormi bronzi di reggime, abbandonati nei sotterranei, che magari potrebbero essere utili in Italia per addobbare gli studi televisivi. Là, invece che il presente, ricordano un passato da mettere in cantina, al buio. Un passato prossimo non facilmente dimenticabile, come i buchi delle bombe sui palazzi in centro città che sono colmati dalla voglia smisurata di rinascere e di avere tutto quello che prima era negato, se non altro,  almeno per possibilità. E così attenti alle tendenze oltre cortina Cirkusfera, in stretta collaborazione con Cirkorama (Zagreb, Croazia) organizza workshops e spettacoli per diffondere la cultura del circo di creazione  in un paese dove la cultura ha a disposizione budget esigui...un po come in Italia ma almeno da quelle parti la curiosità dei teatri è ancora viva tant'è che il centro "Decontaminazia" si è dimostrato aperto alla collaborazione con i ragazzi di cirkusfera.

[*] Il destino delle stamperie comuniste sembra essere il teatro alternativo visto che più volte abbiamo visto questi imponenti edifici, riadattati a sale spettacoli o centri di cultura  come il teatro Menuspaustuve a Vilnius in Lituania il cui direttore Audronis include nella programazione anche spettacoli di circo contemporaneo.
Il loro sito è anche tradotto in inglese: www.menuspaustuve.it
Ovviamente se volete saperne di piu su i ragazzi di Belgrad www.cirkusfera.com

 

 

Zagabria-Croazia

Cirkorama

Una vecchia fabbrica farmaceutica al centro di Zagabria è oggi il centro di cultura alternativa più grande ed attivo della capitale croata. Dopo un lungo periodo di occupazione il posto che mantiene il nome originale della fabbrica, "MEDIKA", è stato legalizzato almeno in parte.
L'associazione Cirkorama si occupa di circo e teatro di strada ed ha una bella sala per allenamenti, prove e rappresentazioni proprio a Medika. Il gruppo di giocolieri e ragazzi che si dedicano al circo è folto e ben promettente e a giudicare dall'affluenza ai workshop che Cirkorama organizza è intenzionato a crescere seriamente. Nel frattempo due interessanti festival "Nova Circuza" e "Operazia-grad" ospitano spettacoli di circo contemporaneo gia da qualche anno.
Date un'occhiata www.myspace.com/cirkorama

 

 

 

Gran Bazar: festival del teatro d'Avignon

Sono per la seconda volta al festival d'Avignon. Nel 2007 con El Cir De Sara. Quest'anno con My!laika. E voglio raccontare di questo festival senza eguali.Il contesto è sempre lo stesso e nulla sembra essere cambiato e credo che sia piu o meno la stessa musica in crescendo da quarant'anni. Nella più grande vetrina al mondo dello spettacolo vivente più di mille (1180 quest'anno) compagnie si ritrovano a far vivere alla città un evento incredibile. Su più di 120 teatri sparsi per la città ricavati da cinema, palestre, giardini, chiese, chiostri, cantine, fabriche si riversano centinaia e centinaia di spettacoli che compongono il Festival d'Avignon OFF. (l'IN è riservato a una decina di compagnie che si distinguono nel mondo in vari ambiti, per loro essere invitati ad Avignone equivale a ricevere uno dei maggiori riconoscimenti del teatro mondiale: è praticamente impossibile trovare biglietti per gli spettacoli "IN"). Ma nelle strade invece c'è chi publico ne cerca. Eccome. Un brulicare di manifesti (che raggiungono, accavallandosi uno sull'altro, il terzo piano degli edifici praticamente su tutto il centro storico), e di lingue diverse, in cima a scale improvvisate, si somma alla poderosa opera continua di montaggio e smontaggio giornaliero. Ogni spazio divenuto teatro comincia la programmazione alle 9 del mattino e finisce a mezzanotte(tutti gli spettacoli, schede descrittive, foto, orari ed informazioni di ogni teatro sono accuratamente riportate su un grande catalago-programma, una sorta di elenco telefonico da 396 pagine stampato in centinaia di migliaia di copie e distribuito gratuitamente). Durante tutto il giorno in ogni palcoscenico uno spettacolo (luci, scenografie, suono) viene montato il pubblico entra, la compagnia va in scena, il pubblico esce mentre c'è già la fila per lo spettacolo successivo che in tempi record viene allestito e cosi via in un tour de force per ogni teatro che comincia all'alba e finisce alla sera all'Insonnia il bar dove artisti e tecnici del festival si danno l'appuntamento quando le forze lo consentono. Il pubblico è numeroso e il festival dura un mese ma con una quantità cosi grande e spropositata di offerta di spettacolo non è facile avere le sale piene e così migliaia di attori si riversano in strada con il loro volantini improvvisando qualcosa, una parata, della musica, una festa o un cocktail per persuadere i passanti che il proprio è uno spettacolo sensazionale diverso dagli altri e certametne da non perdere. Il festival d'Avignon è stato definito con disprezzo supermercato dello spettacolo, un'industria della scena ma è se vogliamo un elogio, pratico, alla follia. La città vive una condizione straordinaria, un carnevale culturale imponente. La città dei Papi (che in fatto di teatrate sono storicamente dell'eminenze) è tutto un grande palcoscenico ed il teatro invade tutto: entra dentro le banche,gioca al semaforo, parla al supermarket: ci attraversano due motociclisti vestiti da maiali, una jeep con un sound incredibile piena di ragazze in bikini e uno scimmione che lancia volantini, un tale recita shakespeare sopra una cabina del telefono, c'è persino un Agamennone ferito con tanto di sudario e coreuti intorno sulle scale della posta. Una anziana comediènne racconta storie d'altri tempi. E per noi è un piacere in andare in giro e vedere gli artisti di strada che non mancano mai nelle piazze affollate mischiarsi agli attori di prosa o ballerini e musicisti.Lo spettacolo che si somma allo spettacolo in una spirale senza orari. E' un gran circo. E Il circo vero gode di un riguardo particolare rappresentando una minoranza nel panorama degli spettacoli offerti, per tipologia, è tra i generi che aperti a tutto il pubblico ad Avignon riesce ad avere più spettatori della media. Ma il posto del circo è al bordo del centro storico fortificato, all'esterno lungo il fiume vengono montati gli chapiteau.Solo Joan Le Guillerm due anni fa, programmato nell'IN riuscì a varcare, credo fiero, la cinta muraria, dentro la quale il teatro simbolicamente si arrocca, con il suo enorme trionfale chapiteau verde. Anche questa volta noi, invece, siamo ospiti di un circuito che si chiama "Midi-pireynee fait son cirque" che a un chilometro dal centro su un isola al centro del fiume, l'Ile de Piot, installa tre chapitau (uno bar acoglienza biglietteria e palco intrattenimento) e due altri che sono dei veri e propri gioielli per attrezzatura ed estetica. (aria condizionata, scenotecnica impeccabile). Un terzo polo e costituito da una palestra adiacente trasformata in teatro. Insomma un paradiso nel verde dove le compagnie selezionate danno il massimo ogni giorno come nello stile del circo.Il festival di Avignon è una grande opportunità per mostrare il proprio lavoro a programmatori che giungono da tutto il mondo a fare incetta di spettacoli per le loro programmazioni. Ed eccola quindi la navetta "PRO", un servizio a disposizione dei professionisti, che prima di ogni spettacolo preleva dal centro una carrettata di signori dello spettacolo che, più annoiati di un bambino in chiesa, raggiungono il prossimo spettacolo che hanno in porgramma a quell'ora. Dicono che riescono a vedere fino 6 spettacoli al giorno...e a giudicare dalle loro facce e dall'entuasiasmo in sala la cosa è credibile. All'ile de Piot possono assistere a quelli delle compagnie Sacekripa, Toron Blues, Cirque Tsuica, Tide , Toi D'abord, Pret a Porter, Le carrè curioux, più gli spettacoli del III anno de Le Lido. Ma il festival oltre che per farsi vedere è anche un momento unico per vedere alcuni degli spettacoli più belli al mondo.Tra quelli che abbiamo potuto vedere ci segnaliamo fans della compagnia Theatre Reverbered (TAIWAN) che rappresentano forse l'espressione piu "contemporanea" del teatro. Per la danza lo spettacolo "la Geografie du danger" ci ha lasciato commossi e stupefatti. Allora che aspettate il festival dura fino al 31 luglio!

 

 

Il duello

Le tecniche del circo impongono una perfezione estrema che a volte rischia di diventare ricerca esasperata e maniacale.Tanto lavoro da all'attore circense una capacità di contattare l'emozione del pubblico con una immediatezza unica nel panorama dello spettacolo dal vivo.  Questa capacità amplificata grazie all'integrazione di discipline crea un universo di frontiera con potenzialità espressive enormi. L'alchimia  di generi differenti che il circo rappresenta è alla base dell'interesse, modermamente diffuso, del Teatro al finora snobbato universo del circo.
Come qualcuno ha detto un funambolo vive sempre nell'equilibrio tra il cadere e il cadere. Nella stessa misura il circo teatrale è continuamente minacciato dal connubio dei due elementi che lo compongono. Il rischio di cadere sulla 'palcoscenicità' deve essere compensato dal rischio di svivolare sulla pista.  Nel duello quotidiano che c'è tra l'attore e la sua esibizione tecnica si nasconde l'arte di conquistare il pubblico. 

 

 

 

 

Circo Paniko


(foto Daniela Salton)

Tra gli spettacoli più belli della stagione 2009 sicuramente devo segnalarmi quello del Circo Paniko. Sebbene il progetto di girare con un tendone da circo nella giungla delle leggi italiane e quelle del parocchiato e settario cantone del circo di tradizione vada applaudito a prescindere dai risultati nel caso di questo collettivo anche il loro spettacolo "Punto di domanda" sorprende per la qualità della proposta.



Per la regia di Giovanni Dispensa un vortice di risate, buona tecnica e brillanti idee rende lo spettacolo godibile dal principio alla fine. Anche se l'incastro teatrale non è tra i piu originali (stato alterato della percezione di un ubriaco) magistrale è lo sviluppo cronologico degli eventi in un crescendo mozzafiato in cui vengono miscelati humor nero, allucinazioni, situazioni comiche o paradossali.



Di enorme successo per il pubblico è il momento in cui una serie di matrioske animate cantano in playback a ritmo sincopato l'armonico arrangiamento per voce del quartetto cetra "Baciami piccina". Piccole tragedie come la morte del marionettista, o l'assassinio di una barbie ci portano a contatto con universi simbolici che sembrano mostrarci reconditi desideri della comune contorta mente umana. Sulla scena infatti si relazionano uno sbadato "Shiva" giocoliere alle prese con le sue sei mani, un principe azzurro punk, clochard ubriaco, una bambina sadica ed altri inquietanti personaggi che conferiscono allo spettacolo un'estetica che si potrebbe definire da famiglia Adams o ricordarci qualche vecchio film di Bela Lugosi. Insomma una prima ventata di aria fresca sotto la tenda del Paniko che i bolliti chapiteau italiani invidierebbero parecchio...a giudicare dall'entusiasmo del pubblico.
Non perdetelo e se potete sostenetelo invitandoli a montare lo chapiteau dove pensate possa arrivare gente a dirvertirsi.

www.circopaniko.net

 

 

 

Circus Mundi

 



Se Van sia la capitale di uno stato fantasma o il capoluogo di una remota provincia Turca questo non lo abbiamo capito neanche dopo esserci stati. A Istanbul ci avevano assicurato che il Kurdistan non esisteva...eppure dopo aver planato sul magnifico lago di Van sul quale si specchia il vulcano Suspand e le montagne Hartos da qualche siamo arrivati! Più che geografica la questione sembra decisamente politica ma questo al "circo" poco importa perchè il pubblico non ha bandiera ma solo volti da emozionare e conoscere.
I Camillocromo con il loro carico di musica e circo hanno diretto questa straordinaria avventura a 100 chilometri dall'Iraq. Due giorni di replica con uno spettacolo che vedeva all'opera i Bengala, Ciccio Paradise e Loreto Tormen accompagnati dalla furibonda musica di Alberto Becucci e Francesco Masi.
Riccardo alle prese con un sgangherato uso della lingua turca ha strappato grandi risate, Salvo con il numero alla bicicletta, Ciccio con la sua routine di ping pong, Loreto al trapezio e l'immancabile routine di passing a 10 clave che a tempo di swing sono volate mentre il pubblico scandiva il ritmo a tempo con le mani.



Due serate con un bellissimo teatro stracolmo di gente che si sono concluse tra scroscianti applausi e tanta emozione per noi che all'improvviso siamo stati presi d'assalto dal pubblico che incontenibile ci manifestava l'apprezzamento.Tanto calore forse per aver sfidato le difficili condizioni e aver fatto 4 scali aerei  per portare il primo spettacolo di teatro circo in città. Fuori dal programma l'allegra carovana ha privatamente noleggiato un minibus e violando le disposizioni di sicurezza imposte dall'organizzazione è scappata per un pomeriggio intero in un villaggio sperduto nei dintorni del grande lago...per fare uno spettacolo in piazza. Solo le foto possono dare l'idea di come siamo stati accolti in quella dimensione cosi distante dalla nostra imbarazzante e stanca europa.

 

 

 

Hit Parade



1)"Ma questo è il tuo/vostro lavoro?"
2) "Ma ce la fate a campare? "
3) "Siete bravi perchè non  provate in televisione!" (ma nel cappello mette un euro)
4)" Ma dove dormite? Viaggiate sempre?" (toccandosi il mento)
5) "Ma in media in uno spettacolo quandi soldi fate?" (curiosità generica)
6)" Io anche ci riuscivo con tre palline quando ero piccolo. "(ci prova senza successo mentre tiene in bocca la sigaretta)
7) "Ma dove si impara a fare il giocoliere?" (con le mani in tasca)
8) "Ah! ma tu sei giocoliere e con cosa fai? "(muovendo le braccia tipo ballo twist)
9) "Ma questo non è un lavoro che si puo fare per sempre...quando sei grande come fai?"
10) "Bella vita la vostra senza preoccupazioni...io non potrei farlo mai".
11) "Se volete qualcuno come assistente... "( spingendo un amico ridendo)
12) "Ah! ma sono pesanti" (sollevando un clava) (donna)
12/b) "Dove si trovano? "(solevando un clava e guardandone la vite del pomello)
13) "Posso provare la bicicletta "(riferendosi al monociclo) "quando tempo ci vuole per imparare?"
14) "Fai anche con il fuoco?" (aitante catenaro)
15) "Vi ho visti l'anno scorso a ..." (località in cui non siete mai stati)
16) "Io sono un organizzatore, un produttore televisivo, ho un'agenzia di animazione etc "(mentre la moglie ha lo sguardo di una che non sa di cosa stia parlando il marito)
17) "Avete anche un sito internet ?!?! organizzati!" (signora)
18) "Ah! vi chiamano? Mio zio ha un bar/pizzeria/pub/gelateria magari glielo dico...quando prendete?"
      alla RISPOSTA del cachet segue una piccola morte celebrale dell'interlocutore che poi si riprende  "ah!!! e vabbè io glielo dico, ciao".
19) "Se cominciate poi la gente si ferma, qui non capiscono niente" (estrememente convinti di quello che dicono)
20) "Domani ci siete?"

 

 

The Renegade Show: ovvero tutto può accadere.

(su facebook: The Big Italian Renegade Show)

Nel campo dello spettacolo probabilmente il Renegade show all'italiana è lo spettacolo più assurdo e osceno. Non adatto ad un'audience sensibile, questo spettacolo è la somma della perversione egocentrica e masochistica che l'umano ha dentro di se. Non si tratta di esibizioni tecniche spontanee.Non si tratta di ammazzare il tempo... 
Il pubblico più che mai protagonista partecipa in un clima estatico a una serie di performance di difficile definizione. Difficile l'analisi di questo genere dove l'eccesso, l'inutile e l'arte sono mescolate insieme in un delirio trash. Avvolto nei fumi e nell'alcool, di certo, non è uno show per bambini anche se gli sfortunati presenti alle ultime edizioni si sono divertiti non poco. Non è tuttavia ancora chiara la molla che spinge comuni spettatori o celebri artisti nel centro della scena a perdere il posto, l'equilibrio e la reputazione, per una risata in più. Del Renegade non c'è troppo da dire, è uno spettacolo maratona che miete vittime ogni convention che si rispetti per la gloria ed il piacere dei superstiti. Alla Brianzola lo presentano tre veterani del genere: Salvo, Ciccio Paradise e il Notaio.




Insieme si sono autolesi per la gioia degli astanti più e più volte e si vantano di avere benedetto un tale che vomitava in verticale su un palo, avere raccolto il corpo di un ciclista pazzo schiantatosi volontariamente al muro, di avere osservato con i loro occhi il presidente nudo in scena, di avere  spinto un asino fuori dal palco.
Giurano che nessuno è al sicuro in caso di carenza di numeri dopo avere sfinito se stessi tireranno in ballo il pubblico: meglio arrivare preparati...o no! Il renegade dura fino all'alba.




Il renegade italiano ha assunto nel corso degli anni una dimensione propria. Diversamente da come inteso nel resto dell'europa o mondo, in italia, in cui è la spiccata tendenza degli artisti alla spettacolarizzazione del nulla, questo spettacolo nato come una serie di performance spontanee e non definite dagli aristi di una convention, è diventato uno spettacolo maratona che ha il carattere di un varietà di terza categoria che spazia per stile dal punk, al trash, al kistch. Insomma, aspra poesia.




Taccuino del rinnegato Scorro le foto, riguardo l'escalation.I volti distesi, le luci, i bottiglioni pieni, poi le cazzate. Tante per tanto tempo: i volti segnati dal divertimento prolungato, il pubblico reduce.Brivido punk livido all'alba nella sua forma piu naif e pura. Siamo di nuovo noi, se mai avessimo smesso di esserlo un solo momento. (Capita, eccome) E sono contento, riguardo penso.Nella logica quotidiana d'overdose d'immagine purificata a colpi di photoshop, dell'immagine 'pulita' e falsamente pubblicitaria della vita  con il nostro show di delirio diciamo che la vita è sporca se è reale. Ci ridiamo sopra nottate intere.Poi alla mattina se come oggi il cielo è grigio butti giù le nuvole con un buon cappuccino una brioche che un'altra mega notte è andata e adesso bisogna rimettersi in piedi e arrivare alla prossima città.




Paradosso continuo, varietà dell'horror intimo il renegade show a me rivela ogni volta, come in un sogno, occulti stati dell'umanità che ci circonda. Ma nemmeno serve poi tanto speculare: la spazzatura è un prodotto fisiologico della persona e un dramma della società...basta sapere che farci. Un esempio è riciclarla. Altrimenti ti sommerge. E allora visto che ho pensato metto in pratica, perchè l'idea abbandoni la filosofia, e faccio una scatola di cose che non mi servono, per buttarle via. Troppo che mi accompagna e che mi trascino. Troppe cose vuol dire troppo perso: legami, oggetti, volti, ricordi. Ma non si puo aprire il cassonetto...ecco provo a ricilarle. A furia di rilanciare i dadi alla fine qualcosa vincerò, dovesse essere anche per caso, ma comunque sempre e solo per gioco.
Questo renegade per noi è un atto di purificazione, di liberazione accostabile al sentimento religioso: una maniera per divertirsi ogni tanto insieme al pubblico e per dire a se stessi quell'attimo prima la mitica frase dietro le quinte "Basta con le cazzate... comincia il RENEGADE".

 

 

 

Una ragione per smettere di giocare

C'è solo una ragione che mi potrebbe fare chiudere un giorno la valigia. Smettere di allenarmi, di esibirmi e di creare. Una motivazione forse stupida. Ma dal primo giorno in cui il circo è entrato nella mia vita l'ho subito inquadrata come qualcosa che danneggiava la mia anima. Prima non sapevo bene perchè e quindi ho cercato di isolarla, di non sentirla e continuare la mia strada. Ma vi giuro che che quello stupido motivetto con il tema del circo, quel celebre e famoso "PapapaRapapapaRa Pappaparaparapa..." che non riesce ad mai ad andare oltre la seconda frase musicale nella bocca di nessuno e si ripete e si ripete negli anni, nelle piazze, nelle tv, nei giochi dei bambini, nelle giostre, nelle cagate dell'autogrill ebbene si, quello ha su di me un'immenso potere negativo. Lo sento: lo odio. E odio anche chi lo canta. Non ci posso fare niente. Quell'orrore di melodia che sempre qualcuno intona quando sforbici le clave in aria, quella allegra schifezza musicale che ti fischiano dietro convinti di farti un piacere o d'essere simpatici quel ritornello da cartoon disney sfigato mi provoca ribrezzo.

Ora lo so che nel nostro pianeta ci sono cose che meritano piu disprezzo di una balorda sequenza di note ma mi sono interrogato sul perchè mi da tanto fastidio. L'unica risposta plausibile è che questa musica svela lo sterotipo che il circo è diventato nell'immaginario collettivo.Per me la musichetta che scatta automatica nel cervello del pubblico di tutte le età e nazioni rappresenta un chiaro segnale dell'appiattimento artistico impostosi dal circo autodefinosi 'tradizionale' negli ultimi 50 anni fino a quando le nuove tendenze negli anni 70 anno dovuto lottare contro il duro scoglio del "PapapaRapapapaRa Pappaparaparapa..." per tentare di divulgare un circo autentico senza tradizioni ne iconografie costruite da famiglie, clan, sette e confraternite che hanno il solo merito di avere spianato la creazione, l'arte e il pubblico in favore della nascita e l'allevamento (perseguito anche oggi) del mitico circo Commerciale : "PapapaRapapapaRa Pappaparaparapa..."

 

 

 

Risque Zero

Si è concluso il festival Caravane de Cirque a Tolouse. Ogni anno a giugno è possibile trascorrere un bel periodo di full immersion nel mondo del circo perchè la città è invasa da più di 30 spettacoli, in coincidenza con Toulouse En Piste (una grande parata di circo per le strade della città) e i tre giorni di festa del Le Lido durante la quale vengono presentati i bellissimi spettacoli di fine corsi.

Se siete anche voi siete d'accordo con De Ritis che il circo debba essere " ... estremo, violento, deve essere lo schiaffo di una sera verso la vita normale, vibrante come lo schiocco di una frusta. Deve essere un pugno nello stomaco che per due ore ti sbatte fuori dalla quotidianità, come l’impatto dell’acrobata quando cade dalla colonna umana. Deve essere un’esperienza forte come la folata di vento che rischia di spostare il funambolo tra le due torri e succhiarlo via dal mondo in un istante; intensa come il piscio caldo dell’elefante di cui oggi si ha ormai paura. Deve essere duro, tanto da far sentire il rumore dei calli spaccati sulla barra del trapezio nel silenzio che chiude il salto mortale nel vuoto. Deve essere capace di alzare la polvere come le tende di velluto, al tempo stesso trionfali e logore. Il circo deve puzzare di merda..." (1)  allora tra tutti vi segnalo lo spettacolo della compagnia Galapiat i cui componenti provengono dalla scuola di circo di Chalon e il loro alto livello tecnico lo dimostra.

Lo spettacolo 'Risque Zero' in realtà dovrebbe essere chiamato 'Paura Zero' perchè sebbene ponderatamente, i protagonisti dello spettacolo creano un interessante universo (2), in cui il pericolo è protagonista...cosa che non è ormai del tutto ovvia nelle esibizioni circensi contemporanee...

Un'estetica molto curata avvolge il loro spettacolo in cui si può assistere tra le altre ad una performance su corda molle sotto la quale sono stati posti dei cactus, o vedere in gioco coltelli che volano e si piantano per lo scenario su cui avvengono delle sfide sui generis accompagante dalla musica dal vivo come il miglior circo esige. Le tecniche presentate sono molte (bascula, giocoleria, acrobatica, trapezio, palo cinese) e particolarmente ci ha interessato una routine di palline da ping pong. I quattro attori seduti in croce l'uno fronte all'altro si lanciano in mille modi le palline che rimbalzano per terra, su pannelli di legno, sulle sedie creando cosi una sorta di passing frammentato e spettacolare alla fine del numero si assiste a delle prodezze di alto livello quando le palline vengono sputate e ricevute in bocca durante l'esecuzione di salti mortali. Chi è pratico di questa disciplina conosce bene lo schifo che provoca nel pubblico comune vedere una pallina che vola di bocca in bocca magari rimbalzando per terra ma è proprio questo tipo di emozioni non ordinarie, che immancabilmente si trasformano in applauso, in cui il numero vive la sua essenza di circo e non teatro spettacolare. Tanta bravura stride con un unico momento- noia dello spettacolo: quello di un numero di giocoleria con clave bianche dal sapore troppo nouveau, quindi 'pallosamente' retrò. Speriamo lo abbiano inserito di proposito perchè Risque Zero è un bello spettacolo.

(1) www.delcirco.blogspot.com  (post :Se il circo è bello come un crimine, del 24-02/2009 )
(2) Lo spettacolo era ospitato sotto uno dei tendoni della Granerie, Fabrique Des Arts du Cirque, Balma-Toulose

 

 

 

Ode al Circo Morto (per fortuna)

Ode al bianco della clava, della pallina.
Ode al piede scalzo, al numero senza musica
Ode al respiro corto e affannato di rinoceronte: il pubblico ama l'asma.
Ode alla mano trai capelli, al passetto di danza accennato. Al pantalone largo e nero, al petto nudo. Al concetto segreto nascosto nella geometria e nella linea.
Ode al viaggio intimo con l'attrezzo tra gli elementi terra, acqua, aria e fuoco.
Ode all'artista muto, che si stira e si allunga perchè rispetta il proprio corpo.
Ode allo stereotipo.

 

 

 

 

La Tigre di Peluche
diario di viaggi
a cura di Salvatire Frasca