Università degli studi di Tor Vergata, Facoltà di Medicina e Chirurgia, corso universitario in Scienze Motorie 
Autrice: Domenico Siclari
dott.siclari@alice.it
Relatore: Prof. Stefano D'Ottavio
Correlatore: Dott. Gioacchino Paci
Anno accademico: 2009/2010

Premessa: dalla coperta elastica del popolo Inuit al trampolino

Al fine di dar seguito ad una compiuta indagine storica volta a ricostruire le tappe principali del percorso di introduzione e di, susseguente, diffusione del trampolino elastico nel settore circense ( ), e più in generale in ambito sportivo, si profila utile – e per certi versi ineluttabile – procedere ad una ricognizione in ordine alle vicende che hanno interessato un embrionale attrezzo che ne definì, seppur rudimentalmente, i tratti somatici ( ).
Sin da tempi remoti infatti, dall’Alaska, al Canada e passando poi per il Nord-Ovest del Pacifico, le popolazioni autoctone, al fine di consentire l’avvistamento della selvaggina durante le operazioni di caccia, avevano ideato una primitiva struttura elastica, oggi nota con il nomen di “blanket toss”
Questa vera e propria coperta, ricavata dalle pelli di foca o di tricheco, presentava una peculiare morfologia ed una straordinaria capacità di resistenza per mezzo delle quali il soggetto posto al centro rispetto ad essa poteva raggiungere altezze alquanto elevate, potendo così meglio scrutare l’orizzonte.
Il tutto attraverso un’operazione di distensione realizzata mediante la collaborazione tra i membri appartenenti alla tribù che, ponendosi ai bordi della
tela rotondeggiante, consentivano il perdurare dello stato di tensione.
L’inarrestabile ascesa del progresso non ha mancato di ripercuotersi sull’utilizzo delle tecniche predette, confinandole via via in un vero e proprio limbo di indifferenza.
Purtuttavia, per quel che concerne la circostanza in esame è d’uopo riscontrare come, al loro ridimensionamento funzionale, non abbia fatto seguito una fisiologica disaffezione sociale.
E’ noto infatti come in alcuni contesti culturali, basti pensare a titolo esemplificativo al popolo Inuit, è stato avviato un processo etno-antropologico di conservazione identitaria inconsapevole.
Pratiche oramai desuete, quali la “blanket toss”, hanno potuto così beneficiare di un periodo di nuovo lustro connesso alla loro trasduzione in termini ludici, e la celebrazione del “Nalukauq” ( ) nell’Isola Holman ne è la riprova.
Una chiosa, infine, deve essere aperta segnatamente alla scelta – forse casuale – operata dal Cirque du Soleil che nello spettacolo “Kooza” – e più specificamente nell’atto di Chiarivari ( ) – con una troupe di 19 artisti, propone un peculiare metissage di acrobazie, fuoco e rimbalzi su tre minitrampolini, il tutto ispirato alla tradizione della coperta Inuit.