Urana, l'altro pianeta

 

 

Urana Marchesini, bolognese doc, classe ’70… ti dà tanto! Vengo da una famiglia di sportivi (primogenito insegnante di nuoto e sub, secondogenita insegnante ISEF) e fin da quando avevo 5 anni sono andata in palestra, dove ho trascorso tutta la mia infanzia: 11 anni di ginnastica artistica a livello agonistico in campo nazionale e internazionale. Non paga, dai 16 ai 20 anni, insieme a mia sorella, ho cominciato ad insegnare di tutto e a tutti: ginnastica artistica, aerobica, a bambini, adulti, principianti, atleti… e prima della chiusura della palestra praticavo 2 ore di karate (cintura marrone… che botte!!). Intanto nell’83 a scuola era arrivato un volantino che parlava di espressione corporea nell’atelier del quartiere. Incuriosite io e mia sorella siamo subito andate a vedere e con due flic-flac e un salto mortale facciamo subito colpo (ma eravamo piccole, piccole…coosì!). Era nato il nostro folle amore (io per il teatro e mia sorella per un ragazzo del teatro…), niente grano, ma le prime nozioni, i primi spettacoli e la gavetta sono cominciate lì. Qualche anno più tardi la compagnia si scioglie e mentre mia sorella decide di abbandonare io passo alla compagnia Les Comediantes (no, non è quella spagnola e famosa…), persone che frequento ancora e alle quali sono legata da grande amicizia, e come nella “Strada” di Fellini, il mio Zampanò di turno, nelle spoglie di Ago Clown, al quale voglio un gran bene, mi inizia all’arte di strada. Nel frattempo, terminati gli studi alle Magistrali, continuo a lavorare: mezza giornata in palestra, l’altra mezza in autogrill e alcuni fine settimana animazioni-spettacolo. Dopo un anno di Autogrill Cantagallo, incoraggiata dai miei colleghi (Carpe Diem, mi dicevano…), mi licenzio e incasso la liquidazione. Mi licenzio anche dalla palestra (dove invece incasso gli insulti della sorella!) e scappo in Brasile, 4 mesi per me iniziatici e meditativi. Tornata dal viaggio, devo decidere cosa fare nella vita. Due pulsioni molto forti dentro di me: dipingere murales e fare teatro di strada, scelgo la seconda (e di tanto in tanto dipingo murales a casa dei miei…). Il primo ingaggio da professionista arriva nel 1992, a Mirabilandia, dove incontro i Fratelli di Taglia (due anni di intensa collaborazione e crescita culminata nello spettacolo Distinta Compagnia Colombazzi) e il francese Jean Manigautt, in arte Mening, al quale da allora mi uniscono l’amore per l’arte, interessi comuni e anni di grandi condivisioni. Terminata l’esperienza con i Fratelli di Taglia, nel 1993 passa a Bologna il Circo Togni, ed è subito amore! Audizione, gancio da traino alla macchina e parto in tournè con loro per 6 mesi. Un mondo nuovo e una vita dura dedita solo al circo: montare, smontare, viaggiare, volantinaggio, numeri in pista, parcheggio del “campino”, tubi, allacciamneti, freddo… sguardi curiosi di gente comune che guardano ai circensi come a degli zingari, e forse qualcosa di gitano c’è sempre in questo meticciato circense di razze e culture. Il Circo Togni era  tenuto molto bene, senza grosse pretese artistiche, ma tutto era fatto con cura e attenzione, ed è stato molto interessante incontrare persone anziane che avevano fatto del circo il loro percorso di vita. Lasciato il circo partecipo a molti festival di arte di strada in Italia, mentre mi si apre una finestra sulla realtà francese del nouveau cirque, che tanto mi affascina. Intanto nel 96 parto per Taiwan con The Great Europeen Circus, un gran varietà d’artisti europei. Io ero il clown di pista, brevi entrate per i cambi di scena, ma molto frequenti, una bella soddisfazione, anche perché il pubblico aveva modo di affezionarsi al mio personaggio. Tanti artisti con grandi numeri, tigri, pantere, orsi, un’esperienza indimenticabile. Di ritorno dalla tournè entro, grazie a Jean, in questo gruppo di formazione in Francia, creata intorno a Philippe Autier, del Teatre du Soleil, famosa compagnia francese di teatro d’avanguardia, capeggiata da Arianne Muchkin. Inizia questa mia formazione attoriale, durata tre anni, con 30 attori professionisti e con sovvenzioni che arrivavano a singhiozzo e che ci permettevano di andare avanti a momenti alterni. Ci si spostava nei pressi di Montpellier, non avevamo mai un posto fisso, a volte in sala, altre volte ripulivamo dei capannoni allestendo spazi scenici bellissimi con materiali di scarto; si viveva insieme dentro le roulotte, inventando ogni volta una nuova tranquillità di lavoro, lavorando sulla figura dell’attore, sul personaggio, sulla voce, sul canto, riabilitazione dell’essere umano, training fisico, primitivo, cantastorie, la maschera e tanto sul clown… un’esperienza unica ed irripetibile. A questa formazione hanno fatto seguito diverse collaborazioni tra Francia e Italia, con ruoli differenti, anche in commedie recitate o cantate, oppure in opere liriche come acrobata (Giappone), fino all’esperienza con Payasos sin Fronteras (Messico). Di ritorno in Italia mi accorgo che stiamo peggiorando, con i grandi festival alla loro ennesima edizione, ma completamente svuotati di entusiasmo. Dell’arte di strada mi ha rapito dall’inizio l’aggregazione, una dimensione umana, trovare il tempo dopo gli spettacoli di incontrarsi, di sedersi a tavola e raccontarsi. Invece sempre più spesso ti ritrovi in situazioni pessime, ammassati in spazi piccoli, senza posto per poter fare un minimo di riscaldamento… beato chi suona l’organetto! Inoltre ti vogliono “per forza” al loro festival, magari di sole donne, ma del cachet già calmierato per 3 giorni di spettacolo che chiedi sono disposti a riconoscertene solo 1/3! Dicono che non hanno soldi, ma allora perché non ingaggiano meno artisti, pagandoli meglio e realizzando festival più vivibili?! La colpa è anche delle istituzioni e di noi artisti di strada che dovremmo farci sentire di più. Vedi in Francia, volevano cambiare i contratti di lavoro ma artisti e tecnici sono scesi in piazza, boicottando tutti i maggiori festival, questo in Italia non c’è ancora. Ma la passione per il teatro di strada è sempre viva. Recentemente ho prodotto “Relitti Rieletti”, un mio spettacolo teatrale dal genere particolare (nuovo circo?!) per la regia di Jean. E’ ambientato in una discarica, dove un essere, un clown, una topa, in sostanza un’emarginata si è rifugiata in un suo mondo onirico per fuggire una realtà troppo schiacciante. Uno spettacolo che fa ridere, ma stringe anche il cuore, concepito con l’intenzione di far sognare e riflettere. Mi piacerebbe portarlo in giro all’estero, sperando di trovare circuiti teatrali più aperti di quelli italiani. In questi ultimi tempi tengo inoltre con sempre maggiore entusiasmo seminari di acrobatica teatrale e sto conducendo con Jean, per il terzo anni di fila, un ottimo stage intensivo residenziale dal titolo “Il clown e le sue peripezie acrobatiche”. Amo molto la strada, dalla quale vengo e alla quale per scelta sono sempre tornata. Non credo di essere arrivata da qualche parte perché c’è sempre da imparare. Artista è una parola molto grossa, oggi inflazionata, perché Attore, Artista lo diventi solo dopo anni e anni e anni di grande lavoro ed esperienza.

 

www.uranamarchesini.com

uranalaltropianeta@yahoo.it

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