Public Show, Open Stage e Renegade

 

A coordinare queste serate e a determinare il loro successo sono spesso alcuni giocolieri che, cominciando da niente e semplicemente rendendosi disponibili per dare una mano, hanno col tempo acquisito una grande esperienza in stage managment. Ecco alcune preziose testimonianze, raccolte alla XXVI EJC di Svendborg, unite a quella in terra nostra dei Bacch&Ttoni, ai quali auguriamo anche in questo campo una folgorante carriera

 

PUBLIC SHOW – Barry Holmann

Questa è la mia 18a EJC di seguito. A Leeds nel 93 avevo voglia di essere coinvolto in qualche modo e siccome non ero capace di esibirmi mi ritrovai nel back stage con una penna, un pezzo in carta e con una mansione di svolgere. E’ cominciato tutto così e da allora praticamente non ho più smesso. E’ un duro lavoro, soprattutto se pensi che in genere non hai a disposizione più di 8 ore prima che arrivi il pubblico per allestire il Public Show. Per questo devi preparare tutto con un minimo di anticipo e prima di venire alla EJC sapere con precisione di cosa hai bisogno. Non devi indugiare. La tendenza comune è di posticipare le cose e uscire fuori a fumarsi una sigaretta, ma quando sei lì, e questo non è il tuo lavoro professionale, allora devi muovere il culo. Se sei il responsabile del personale di scena ad una convention, appena arrivi vai a visitare il posto e fai subito il punto della situazione. Se poi l’evento viene ospitato in un teatro devi interagire con tatto con il personale del posto a cui generalmente non piace che qualcuno venga ad usare la propria struttura. E’ ovviamente tutto molto frenetico e ogni anno hai una combinazione diversa di act e un posto diverso dove produrre lo spettacolo. Nel 2002 a Brema avevamo a disposizione un vero auditorium, quest’anno invece abbiamo dovuto arrangiarci nella palestra del centro sportivo. Ad un Public Show hai tecnici del suono, delle luci, scenografi, addetti alla ristorazione, è sempre molto intenso e caotico, per questo devi sceglierti gli assistenti con largo anticipo e assicurarti che diano la loro piena disponibilità. Quello di cui hai bisogno è una lunga dormita la notte che precede il Galà; non provare a presentarti con i postumi di una bevuta! Personalmente trovo meglio non imparare a fare troppe cose altrimenti ti mettono in mezzo e ti chiedono di posizionare le luci, fare un sound check, etc. Io faccio solo il servo di scena, ti piazzo gli attrezzi sul palco esattamente come desideri e faccio in modo che tu trova il palco libero da altri impicci. A volte la visibilità è molto limitata e non puoi seguire cosa succede sul palco, ma questa volta avevamo uno schermo nel back stage dal quale seguire i numeri. Hai bisogno di sapere come gestire tutte le persone coinvolte. C’è sempre tanto stress e tu non devi aggiungerne altro. Essere molto diplomatico e comprendere le ragioni degli artisti. Dopotutto questi sono alcuni dei migliori artisti del momento e devono esibirsi di fronte ad un pubblico di migliaia di giocolieri e fare un super show senza errori. Pur non avendo un budget da Hollywood devi farli sentire a loro agio e una delle cose principali per uno stage manager è ascoltare sempre le richieste degli artisti e usare il buon senso. Devi avere un sistema e gli artisti con cui ho lavorato in tutti questi anni sono sempre rimasti molto contenti del mio lavoro. So quali domande devo porgli, alcune delle quali nemmeno loro si erano posti. Sanno di essere in buone mani e tutto fila liscio. Gli artisti sono sempre molto disponibili e si comportano quasi come al loro primo giorno di scuola. Uno stage manager non solo deve fare tutto ma deve sapere anche come farlo. Devi sempre aspettarti problemi. Quando pensi che non hai bisogno più di niente e che tutto sia pronto allora aggiungi altre due ore di preparativi e verifiche! Certo puoi anche decidere di prenderla come viene e cominciare con 40 minuti di ritardo, ma sei vuoi essere puntuale preparati con largo anticipo e riservati più tempo di quello che pensi possa servirti. Certamente devi fare le prove generali per veder il prodotto finale prima di offrirlo al pubblico. Devi inoltre essere pronto per qualsiasi evenienza. La mia borsa degli attrezzi ha di tutto, compreso convertitori elettrici per qualsiasi voltaggio del mondo. Ti capita di fare anche il dottore così ho un kit di pronto soccorso e spesso devi rimuovere schegge del palco dai piedi degli artisti. Devi avere accendini, torce elettriche, 30 penne, pennarelli, fogli per prendere appunti. La parte più difficile da gestire è la varietà dei numeri, che sono esclusivamente di giocoleria, equilibrismo ed acrobatica. La scaletta dello show viene lasciata nelle mani degli organizzatori, che tengono conto dell’intero evento da un punto di vista tecnico ed artistico, facendo chiaramente attenzione a non sistemare tre act di clave di seguito. Devi però anche fare attenzione ai tempi necessari per liberare il palco dal numero precedente e prepararlo per quello successivo e segnalare agli organizzatori i problemi che  possono derivare dalla loro scaletta. Ma non si tratta solo di interagire con il personale e ascoltare gli artisti, devi anche a volte pensare a cose a cui gli altri non hanno pensato. Al Galà della EJC di Torino era piazzato al centro del palco una riproduzione gigante del logo della EJC. Era bellissimo ma il pubblico non riusciva a seguire le traiettorie degli attrezzi! Devi vedere le cose anche dal punto di vista del pubblico e fare i necessari aggiustamenti. Il peggiore Galà è stato quello a Leeds, con tre diversi show in tre serate, allora non sapevo proprio niente ma è stato un ottimo crash course che mi è servito molto in seguito. La migliore prestazione è stata a Brema, nell’auditorium avevamo tutto ciò di cui avevamo bisogno con un palco molto grande e attrezzato. Questo ha comportato anche più lavoro ma il risultato finale è stato eccezionale. La cosa più buffa mi è capitata invece a Karlsruhe, dove avevamo una grande sala ma il back stage era strettissimo, per cui ogni volta che dovevo muovermi mi ritrovavo a passare tra le tette di questa bella ragazza che era lì a dare una mano, era molto imbarazzante ma divertente. L’errore peggiore mi è capitato invece l’altra sera quando abbiamo assicurato male sul palco il cartone che serviva a Matt Handle per fare il suo numero di break dancing, quasi gli abbiamo rovinato il numero. Ma è comunque un’esperienza bellissima e io porto a casa con piacere la soddisfazione di aver coordinato uno spettacolo di successo e di ricevere i ringraziamenti a fine show da parte degli artisti, perché siamo stati tutti alle convention e abbiamo visto tanti show distrutti da problemi tecnici o da personale incompetente. Non mi esibirò mai ad una EJC, ma mi sento parte dello spettacolo per cui cerco di fare del mio meglio proprio come ogni altro artista che si esibisce.

 

OPEN STAGE – Johnny Hopper

Ero un giocoliere e nel 94 ho scoperto le convention. Nel 96 ero parte del team che ha organizzato la BJC e nel 98 in quello della EJC di Edimburgo. Dal 96 sono stato coinvolto nel coordinamento degli Open Stage delle EJC. Per farlo bene hai bisogno di una certa personalità, perché hai a che fare con centinaia di artisti differenti, e certamente conoscere altre lingue ti aiuta. Il segreto è avere un buon team, un buon service audio e luci, ma anche sorridere tutto il tempo, non innervosirti con nessuno, anche se magari non sopporti il comportamento di un artista. La giornata di lavoro comincia il pomeriggio, con un incontro con i tecnici, lavoriamo alla scaletta, cercando di mantenere l’energia della serata in crescendo fino alla fine. Poi chiudiamo il tendone e facciamo le prove con gli artisti, il che è molto difficile quando hai solo 2 ore a disposizione. Per questo preghiamo gli artisti di non provare tutto il numero, anche se loro vorrebbero provarlo per intero e magari anche due volte! In un mondo perfetto io non dovrei nemmeno essere lì, invece devo presentare gli artisti ai tecnici, assicurarmi che tutti capiscono le esigenze degli altri e che tutto fili liscio. Prima seguivo personalmente ogni incontro tra artisti e tecnici. Adesso invece semplicemente li metto in contatto e poi alla fine mi siedo coi tecnici per pianificare l’intera serata. Ho anche degli assistenti che mi danno una mano nel procurare tutto quello di cui ci sia bisogno, compreso birra e acqua. Anche la scelta degli act è una bella responsabilità. All’inizio delle Convention ce ne sono sempre pochi e in genere chiedi ai tuoi migliori amici artisti di riempire la scaletta del primo show in cambio di tanta birra! Gradualmente poi gli artisti cominciano a farsi avanti e ti ritrovi come stasera con 15 act, che sono troppi. Un palco così bello come quello di quest’anno da un lato aiuta, dall’altro intimidisce gli artisti alle prime esibizioni. In questo senso gli Open Stage diventano spettacoli sempre più strutturati e molti act addirittura sono ad un livello di Public Show. Penso che le EJC debbano cominciare a pensare a soluzioni diverse per dare spazio a tutti gli artisti che vogliono esibirsi e per permettere a tutti i giocolieri di seguire gli Open Stage perché i tendoni, per quanto grandi, ormai non contengono più di un quarto dei partecipanti alle EJC. I momenti peggiori sono quando accade qualche incidente, oppure quando una ruota tedesca si muove ai bordi del palco con il pubblico proprio lì sotto, oppure ancora quando devi dire ad un artista che la scaletta è già piena. Il momento migliore è, appena terminato lo show,  vedere che il pubblico è rimasto soddisfatto e godersi una buona birra!

 

 

RENEGADE SHOW – Mini Mansell

I giapponesi hanno inventato il karaoke, dove chiunque può andare sul palco e cantare una canzone. I Renegade Show sono il karaoke dei giocolieri. Tutti possono presentarsi e fare quello che gli pare e spesso sono tra il pubblico per coinvolgerli nel clima da party. Il numero più curioso che ho visto è stato un tipo nudo su un tubo e una scatola di cartone che pretendeva di fare un numero di rola bola. Il più pericoloso era uno con una lametta attaccata al bordo esterno del diabolo, ma non penso che permetterei un numero del genere. Il più demenziale: 3 uomini in piedi nei sacchi a pelo senza fare niente. Thomas ha fatto l’altra sera 5 palline per 60 minuti senza farle cadere. Ci hanno provato in tutti i modi a farlo sbagliare, una ragazza perfino gli ha sussurrato nell’orecchio cose sconce per 5 minuti. Era a lato del palco mentre altri si esibivano. Non li ho contanti ma hanno calcolato che abbia fatto almeno 14000 prese! I primi Renegade si tenevano al bar, ma una tenda rende tutto più piacevole e intimo. Per molti poi i Renegade sono i loro primi spettacoli in pubblico, così se sembra un vero palco, da dove non vedi il pubblico, potrebbe spaventare. Il palco è generalmente minuscolo se comparato a quello di 8 x 10 mt. usato quest’anno per gli open stage. In genere hai un 3 x 2 mt. e spesso non puoi far esibire qualcuno per mancanza di spazio, oppure devi far muovere il pubblico. A volte act troppo belli possono intimidire i principianti e ammazzare il Renegade. Alcuni degli act più simpatici sono stati presentati proprio da principianti che avevano imparato qualcosa alla convention e volevano mostrarla agli altri. Ad inizio serata ti trovi in genere senza nemmeno una scaletta. Con l’arrivare delle persone nella tenda qualcuno comincia ad offrirsi per fare qualche numero e per quanto possibile cerchiamo di organizzare l’ordine degli act e la loro varietà. Spesso ti chiedono anche di procuragli gli attrezzi o cose di cui hanno bisogno, proprio perché sono persone del pubblico che poi decidono di fare qualcosa: una sedia, del latte, dei condom, arrivano le richieste più strambe. Qualcuno ha anche la musica ma più spesso ti chiedono addirittura se hai il pezzo musicale che a loro piacerebbe avere come sottofondo! La tecnologia ci dà una mano, ma anche ci complica molto le cose. Oggi le persone hanno pezzi musicali sulle memorie di orologi, cellulari, palmari su ogni sorta di piccoli stupidi pezzi di elettronica e tu vieni a sapere questo 3 minuti prima dell’inizio del loro numero, così ora porto con me un computer portatile, blue tooth connection, internet connection, CD, mini-CD, walkman, tutti i cavi possibili. Il lavoro diventa sempre più complesso anche perché chi si esibisce si aspetta sempre di più. In sostanza ti bastano anche solo una tenda e persone con una buona attitudine, ma sei settimane prima della EJC invio una richiesta abbastanza dettagliata delle cose di cui avrò bisogno per condurre al meglio le serate. A Karlsruhe per fare buio sul palchetto abbiamo dovuto staccare la luce all’intero bar, a Grenoble, nella tenda dei volontari che usavamo per i Renegade, nemmeno avevamo la luce. Ogni anno abbiamo poi aggiunto qualcosa e ora ti chiedono di fare buio all’istante quando ne hanno bisogno! Devi comunque comunicare con il DJ e con i tecnici della luce e mi piace avere un runner che faccia la spola, perché spesso la consolle delle luci e del suono non sono ai lati del palco, che è invece il posto dove io mi devo posizionare per qualsiasi evenienza. Non è essenziale, e spesso lo stesso presentatore svolge questo ruolo, in questo caso i tecnici devono avere le orecchie aperte e seguire tutto quello che lui dice sul palco.

Sono comunque responsabile del tendone per cui parte del tuo lavoro è anche fare i dovuti avvisi, tipo se dovete uscire fuori a fare la pipì non la fate sul tendone, ma devi trovare il momento giusto per farlo altrimenti rischi di distruggere l’atmosfera. In genere la tenda si riempie subito e allora le persone cominciano ad assieparsi alle uscite quindi devi fare in modo di farli entrare e di liberare le uscite. A fine serata devo poi spegnere le luci e chiudere il tendone.

Pensavo fino a qualche tempo fa che i Renegade dovessero andare avanti fino a quando ci fosse stato qualcuno disposto ad esibirsi, ma così la serata si protraeva per 5,6 ore e spesso degenerava. Così ora quando ci accorgiamo che l’energia sta calando chiamiamo l’ultima performance e se qualcuno vuole ancora esibirsi gli chiediamo di venire il giorno dopo. Generalmente se fanno i pazzi li lascio fare, sarà poi il pubblico a decidere se lasciarli andare avanti. Il pubblico dei Renegade non ha voglia di vedere cose noiose per cui ti manda subito fuori e lo stesso DJ quest’anno se facevi qualcosa di noioso ti metteva della musica sulla quale non potevi proprio esibirti. Di solito tengo un diario delle serate e in questo adesso mi aiuta Stephanie, che tra l’altro parla anche più lingue di me e può comunicare più facilmente con artisti di altri Paesi. In futuro mi piacerebbe provare un Renegade su una pista circolare, come al Circo o come si usava per i play del teatro ai tempi di Shakesperare. Questo influenzerebbe la creatività degli act. Mi piacerebbe anche inserire più numeri aerei, come succede in UK dove le tende vengono noleggiate da un Circo che ci mette a disposizione anche le attrezzature aeree. Mi piacerebbe anche che il pubblico avesse davvero il piacere di essere coinvolto e non di essere semplicemente intrattenuto.

 

 

RENEGADE IN ITALIA - Stafano Guarino Grimaldi - ringhio3@yahoo.it

 

La prima volta che ho sentito parlare di Renegade è stata l’ultima notte della 1° Convention Nazionale della Giocoleria (di cui ho un ricordo molto vago e confuso…), dove, credo, di aver assistito ad uno spettacolo di Andreas. Per un paio di anni ho pensato che il Renegade fosse l’ultimo saluto della Convention dove si avesse il tempo di rappresentare interamente il proprio spettacolo senza doverlo comprimere nei “frenetici” 5-10 minuti degli open-stage. Intuivo che era un momento liberatorio, ma tutto mi era chiaro….

Qualche anno dopo, alla 1° Convention Romana, un po’ per gioco e un po’ per amicizia, mi chiesero di presentare il Renegade e mi spiegarono che il tutto doveva essere strutturato più o meno come un open-stage, solo che i numeri avevano un spirito un tantino diverso. Chi si fosse presentato al pubblico aveva la libertà di proporre qualsiasi cosa: novità, idee, improvvisazioni del momento…rimettendosi interamente al giudizio del pubblico. L’idea mi piacque e mi incuriosì, anche perché non avevo nessuna esperienza come presentatore, quindi, tutto partiva bene! In quella circostanza io e Mr Backet ci spalleggiammo alla conduzione e grazie a tutti i partecipanti, ed a svariati litri di birra, nacquero veri momenti di sano delirio e follia. Da allora la mia idea del Renegade cambiò radicalmente, avendone scoperto la forza e l’energia…, ma rimaneva ancora qualche dubbio: sarà un momento di spettacolo o una grande sbornia di gruppo?…chissà! Da Bacch&Ttoni, con Giuseppe, mi è capitato poi di organizzare il Renegade delle ultime due Convention Nazionali a Porano. Il primo rimarrà indimenticabile per tutta la felicità procurata dall’ingresso a metà spettacolo di Fulmine che trainava un carretto con 70 lt. di vino! Nel secondo, forti delle precedenti esperienze, si è subito dato spazio ad un’abbondante diffusione di vino, arrivando a toccare, in più di un momento, l’essenza del Renegade.

Il Renegade è un momento di libero spettacolo, senza pretese, senza nessun tipo di regola che nasce dalla buona onda della gente. “Tutti” sono “tutto” contemporaneamente, il pubblico è spettatore quanto protagonista e i personaggi protagonisti quanto spettatori. Chiunque può prendere posizione e sostenerla, può intervenire proponendo idiozie (che se non lo sono…lo diventato), può dormire e svegliarsi ogni tanto, può esprimere il proprio disappunto o esplodere in sane risate, può fumare… si è liberi! Chiaramente il tutto deve essere sostenuto da un largo consumo di sostanze alcooliche-naturali, che rendono più rapida la disinibizione. Tutto è senza tempo, la sfida è sempre quella di tirare fino all’alba con qualcuno ancora vivo! E’ un’esperienza dura, difficile ed impegnativa per tutti, anche perché, puntualmente, lo si realizza in Italia la notte del giorno di chiusura della Convention, quando molta gente è andata via e quella rimasta è già a pezzi. I Renegade Italiani stanno diventando sempre più deliranti e coinvolgenti, lo attesta la quasi inesistente presenza di reportage fotografici (perché a quell’ora nessuno ne ha più voglia) e mi auguro che vadano sempre meglio!

 

 

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